Nell’Unione è già lite sulle poltrone Tutti vogliono quella di vicesindaco

Prc, Radical socialisti e Italia dei Valori all’attacco: «Ferrante? Lo hanno imposto Ds e Margherita». E rivendicano la carica di numero due

Sabrina Cottone

Ma saranno davvero quattro i candidati di centrosinistra alle primarie? Bruno Ferrante, Dario Fo, Milly Moratti e Davide Corritore hanno firmato tutti insieme l’accettazione della candidatura e della sentenza che arriverà dal voto del 29 gennaio, si sono messi d’accordo per non farsi troppo del male. Ma i cespugli dell’Ulivo, la Rosa nel Pugno, l’Italia dei valori e anche Rifondazione comunista non hanno alcuna intenzione di stare buoni. Minacciano ancora di lanciare propri uomini in pista e chiedono a alta voce posti di rilievo nella squadra del futuro (eventuale) sindaco. E persino il vicepresidente cittadino della Margherita, Arturo Bodini, contribuisce a attizzare il fuoco: «Potrebbero esserci altri candidati, c’è tempo fino al 20 dicembre». Il segretario provinciale dei Ds, Franco Mirabelli, tenta inutilmente di riportare la calma: «Assurdo parlare di organigrammi adesso, significherebbe dare l’impressione di considerare scontata una vittoria che è tutta da vedere».
Nando Vertemati, segretario dello Sdi pronto a sposare la causa radicalsocialista, ha intenzione di vendere cara la pelle. «Non ci devono essere né figli né figliastri, né ticket né tricket» attacca durante la riunione dei vertici dell’Unione alla presenza dei quattro aspiranti candidati a sindaco. Martedì prossimo saranno Emma Bonino e Enrico Boselli a dire di che morte dovranno morire i socialisti milanesi di sinistra e cioè se avranno o no un candidato proprio. Nell’attesa Vertemati va all’attacco: «È curioso come il listone Ds e margherita voglia fare il vuoto intorno a sé, con autocandidature a incarichi comunali che danneggiano, e molto, il candidato Bruno Ferrante».
L’allusione, ammesso che di allusione si possa parlare, è a Alberto Mattioli, margheritino vicepresidente del consiglio provinciale, che i ben informati accreditano come pronto a passare ai vertici di Palazzo Marino (come vicesindaco o addirittura prosindaco) e a Carlo Cerami, coordinatore della segreteria ds dato come papabile vicesindaco.
Giochi di vertice che non piacciono agli alleati. Vertemati va giù secco: Il vicesindaco non può essere espressione delle forze che hanno proposto Ferrante. Ferrante non è la lista Ferrante, è stato proposto da Ds e Margherita». Spiega che «il vicesindaco deve essere espressione di culture politiche e sensibilità sociali che allargano, fanno vincere la coalizione, completano una visione della città attenta alla modernità». Una perifrasi per dire un socialista? Lui non nega, ma rettifica: «Un esponente della Rosa nel pugno».
Il segretario provinciale di Rifondazione, Augusto Rocchi, chiede per sé il vicesindaco. E il ragionamento è piuttosto simile: «Se vince Fo il problema non si pone, ma se vince Ferrante il vicesindaco non può essere dei Ds né della Margherita. Si deciderà il giorno dopo le politiche a partire dai consensi dei partiti». Si lancia nella mischia anche Riccardo Martucci, dell’Italia dei valori: «C’è un problema politico di gestione del candidato. Noi gli abbiamo dato il nostro sostegno ma se cessa di essere comune e diventa più di un partito che di un altro, potremmo pensare di presentare un altro candidato. A raccogliere le firme siamo dei campioni». Pochi minuti dopo ritratta («nessun candidato»), ma il problema resta, eccome: Bruno Ferrante è vissuto come il candidato di Ds e Margherita e gli alleati presentano già il conto.


I quattro contendenti, intanto, si preparano al gran giorno: sono previsti due incontri comuni, all’inizio e alla fine della campagna elettorale per le primarie e forse un altro a metà gennaio sul costo della vita. Per il resto il motto è: ognun per sé.

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