Nella roccaforte Dc Pierferdy fa le prove del Cln anti Silvio

Nella roccaforte Dc Pierferdy fa le prove del Cln anti Silvio

RomaPolitica dei due forni o no, all’ombra dell’Aspromonte Casini sta impastando il suo piatto preferito: fare il capo del Cln in versione antiberlusconiana. Tenta prima lì, in periferia, in quella Calabria dove la sua Udc conta tanto: il 9, forse addirittura il 10 per cento. Democristianamente, il leader centrista fa le prove tecniche del pastone mandando avanti il suo plenipotenziario cosentino: quel Roberto Occhiuto, deputato, astro nascente del partito, abilissimo a parlare e contrattare a destra e a manca, democristiano da quando aveva i calzoni corti. L’obiettivo dichiarato di Casini è scardinare il bipolarismo a livello nazionale. Quello meno esplicito è, un domani, riuscire a presentarsi come il neo Prodi: leader di quel Comitato di liberazione nazionale, sostenuto da tutti gli antiberlusconiani, dipietristi e sinistra radicale inclusi. Per dirla bene, essere una «leadership di sintesi»; per dirla terra terra, fare la guida di un pastrocchio, capace però di elevarlo a capo supremo.
La fucina è la punta dello stivale dove il Pdl ha già da tempo trovato il proprio candidato forte: Giuseppe Scopelliti. Un nome sul quale, paradossalmente, parte di Udc convergerebbe volentieri. Ma da Roma è arrivato il gelo di Berlusconi, eufemisticamente irritato dalla strategia di Casini. Tradotto: troppo facile correre con noi dove si vince di sicuro. Furbizie o poltronismo, insomma, che hanno seccato non poco il Cavaliere, convinto di potercela fare anche senza Pier. Così, Casini alza il prezzo. In Calabria, complice un Pd allo sbando, l’Udc sta avendo gioco facile. Di fatto Bersani ha già scaricato il governatore uscente Agazio Loiero, seppure quest’ultimo sia un buon amico di Casini fin dai tempi dellla Dc. Certo, Loiero resiste, sbatte i pugni sul tavolo e giura: «Potremmo vincere anche senza l’Udc»; ma la sua ricandidatura sembra essere definitivamente tramontata. Primarie congelate e Agazio scaricato dal suo stesso partito. Da giorni ripete a macchinetta «se Bersani segue questa strada consegnando la presidenza all’Udc, il Pd si frantuma, si polverizza», ma non sembra essere ascoltato più di tanto. Anzi: il segretario regionale del Pd Carletto Guccione di fatto lo bacchetta: «Stiamo lavorando in tutt’Italia, dunque anche in Calabria, per costruire coalizioni capaci di battere la destra. Questo è lo spirito che ci anima, non i personalismi». In pratica una benedizione del casiniano Cln. E se pure Bersani la chiama «strategia di largo respiro», vuol dire che le svendite ai centristi in molte Regioni devono per forza essere digerite. In Calabria, poi, c’è un motivo in più: laggiù il Pd è spaccato in mille pezzi e rischiava lo scontro aperto tra quattro candidati (tutti bersaniani!). Tanto valeva, allora, puntare su un cavallo di un’altra scuderia.
Ecco che le maggiori chance, quindi, adesso pare averle proprio l’udiccino Occhiuto sebbene, da vecchia volpe della politica, non si sbilanci neanche un po’. «Vedremo, vedremo», ripete. Onorevole casiniano, già responsabile del movimento giovanile della Dc calabrese, ex vicepresidente della Regione dal 2005 al 2008, ex editore di TeleEuropa network, potrebbe fare laggiù quello che Casini sogna di fare a Roma. Resta il dilemma dell’Idv, per ora arroccata sulla candidatura del «re del tonno» Pippo Callipo: industriale potente e capace, nelle grazie di Luigi De Magistris. Ma non piace a tutti i dipietristi, anzi.

E c’è di più: pare che lo stesso Di Pietro, qualora Occhiuto rifiutasse la candidatura e si decidesse per il giovane capo di Confindustria Umberto De Rose, sarebbe addirittura disposto a buttare a mare il proprio candidato.

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