L e toccanti figure di cavalli, stambecchi, orsi, tracciate sulla roccia 32mila anni fa e ritrovate per caso nel 1994 nella grotta di Chauvet, in Francia; i ritratti del Fayum, dipinti allepoca dei Vangeli secondo lantica tradizione greca; le opere di Caravaggio; Las Meninas di Velàzquez, che ci folgora ogni volta che entriamo al Prado; i dipinti di Nicholas de Staël... e ancora: tutti i quadri passati e presenti. E tutti quelli futuri.
Li accomuna la polvere. Il sentimento di caducità che trasmettono. Lessere consegnati, in senso letterale, ai casi della natura, terremoti, inondazioni, o a quelli umani, rivoluzioni, follia distruttiva. È appena uscito un libro che medita con poesia e riservata partecipazione su questa fragilità dellopera darte che può essere distrutta, perduta, sfigurata, oppure, più spesso e più semplicemente, oscurata allo sguardo: «La coperta del tempo. Dipinti e sculture in letargo» (Medusa, pagg. 288, euro 25). Lo ha scritto, con ottimo stile, lartista e critico Massimo Pulini, che abbiamo intervistato.
«Non c'è statua senza polvere» si legge nel suo libro. Cosè per lei la polvere?
«La concretizzazione del tempo. L infinitesimale corrosione delle cose che il tempo produce e che permane nel mondo stesso, creando un velo su tutto. Ma, come scrivo, la polvere è impastata col polline, con la vita. E con le opere darte. Su di esse è come una coperta che, depositandosi, crea cambi di visione. La patina dellingiallimento su un quadro, il logoramento di una statua rimasta in mare: questa addizione e sottrazione di qualcosa allopera crea una lettura semantica sempre diversa. O un totale disinteresse della critica».
Così come non si guarda una persona che dorme, a meno di non esserne innamorati...
«Esatto. "Il cuore un quadro caduto dietro larmadio" è un verso di Francesca Serragnoli che rende questa idea di unopera celata. Un evento tellurico, un addio sentimentale, o chissà cosaltro: ci sono accadimenti che mettono davvero in letargo i dipinti, che finiscono in depositi di musei, caveau di antiquari, soffitte di privati, diventando simili a crisalidi mai schiuse. Modificandosi nel tempo quasi da soli, come nel Ritratto di Dorian Gray, essi diventano anche frammenti della storia di un luogo. Vi è in loro una certa malinconia».
Quali di queste «opere in letargo» il flâneur dellarte può incontrare a Milano?
«Un esempio è il Ritratto muliebre conservato al Castello Sforzesco, opera mai esposta, la cui visione può essere richiesta per motivi di studio. Lo attribuisco a Venanzio lEremita, autore isolatissimo, che per questo si può esaminare un po come si fa con le tartarughe delle Galapagos. A 40 anni abbandonò la vita civile, divenne eremita camaldolese e dipinse solo per le chiese dellordine».
Altro caso allo Sforzesco è quello di Amidani...
«Apollo scortica Marsia, dipinto stranissimo che si riteneva di un anonimo lombardo morto durante la peste. Vi si respira tutta latmosfera buia e torbida di quellepoca. Si è scoperto poi che è opera di Luigi Amidani, pittore parmense che fece da guida italiana a Velàzquez, non prima di essere avvisato dalla duchessa di Parma che lo spagnolo poteva essere una spia politica e che perciò doveva misurar le parole. È un quadro che, sebbene esposto, è stato "addormentato" per molto tempo: un letargo del nome. A volte è lattribuzione di un autore a risvegliare unopera da un sonno di secoli e a riconsegnarla alla critica. Di Amidani, sempre allo Sforzesco ma visibili su richiesta, ci sono Ritratto di bombardiere e Giaele e Sisara, che il catalogo riporta come anonimi».
Caso simile si trova allArcivescovado...
«È La guarigione del cieco nato, quadro così bello che, pur anonimo, ottenne la copertina del catalogo del museo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.