Mario Sechi
da Roma
«Madrassa» è una parola araba derivata dal verbo «darasa» (studiare) e nei Paesi musulmani designa un istituto di istruzione giuridico-religiosa. Ironia della storia: la prima «madrassa» infatti nasce nel 1067 a Bagdad per volontà degli ashariti in opposizione alla propaganda sciita. Il presente e il passato ancora una volta si intrecciano e rincorrono. Perché se ieri la nascita della madrassa era figlia dello scontro religioso in Medio Oriente, oggi la sua moltiplicazione globale è generata dal sogno del Califfato e del Grande Islam.
Dopo l11 settembre 2001 lattenzione sul funzionamento della «madrassa» è uscita dai ristretti circoli accademici per entrare nellagenda politica dei Paesi minacciati dal terrorismo. Non solo in Occidente, ma anche in Medio Oriente, Asia Centrale e Sud Est Asiatico dove la «madrassa» è il volano del fondamentalismo, la palestra ideologica delle nuove leve del terrorismo. Pakistan, India, Malesia, Afghanistan, tutto lo scacchiere dei Paesi con una forte presenza musulmana è alle prese con il problema. La migrazione incontrollata di musulmani in Europa ha portato alla creazione di una miriade di scuole coraniche sulle quali finora il controllo è stato nullo.
Secondo il National intelligence Council (il pensatoio della Cia) le madrasse sono uno dei principali laboratori di Al Qaida e dei gruppi terroristici affiliati. In uno studio intitolato «Mapping the Global Future» il think tank della Cia ha disegnato lo scenario dei prossimi 15 anni, dove la diffusione delle madrasse sarà «uno dei fattori chiave del terrorismo, facilitato dalla globalizzazione e dalle comunicazioni di massa, risveglierà lidentità religiosa anche in aree dove tradizionalmente non è forte». Il progetto del Califfato propagandato da Bin Laden e dal suo consigliere politico, il medico egiziano Al Zawahiri, «si fa forza grazie alla solidarietà nel mondo musulmano e gruppi separatisti in Palestina, Cecenia, Irak, Kashmir, Mindanao, Thailandia». Le madrasse «continuano a proliferare» e insieme alle organizzazioni caritatevoli costituiscono una rete, guidata da «elementi radicali». Douglas J. Feith, sottosegretario al Pentagono, ha affrontato nuovamente il tema lo scorso febbraio, durante un incontro al Council on Foreign Relations. Feith si chiede: «Come possiamo vincere la guerra al terrorismo? Una parte chiave riguarda la cooperazione con gli altri Paesi alleati. Servono nuove leggi, lavoro di intelligence, operazioni militari e lo sviluppo di un sistema di sviluppo ed educativo che possa competere con lestremismo delle scuole coraniche, delle madrasse».
Secondo Jim Wolfensohn, ex presidente della Banca Mondiale, oggi inviato speciale delle Nazioni Unite per il ritiro di Israele da Gaza, «bisogna affrontare immediatamente la questione delleducazione nei Paesi in via di sviluppo. In particolare nelle madrasse è quello di insegnare lodio e non la comprensione». Le madrasse in Italia hanno cominciato ad essere monitorate dallintelligence che segnala «la crescita costante di scuole coraniche, destinate a un uditorio costituito prevalentemente da musulmani nati o cresciuti in Italia. Alcune di esse sono emerse per limpostazione integralista degli insegnamenti impartiti nonché per il possibile impiego dei fondi ricavati a sostegno della jihad». «Siffatta penetrazione ideologica si prefigge di avversare ogni ipotesi di integrazione e appare in grado di spingere verso un impegno militante musulmani di seconda generazione alla ricerca di recupero identitario e di riscatto individuale».
Lesportazione dellIslam in Occidente è un vero e proprio disegno politico. Oliver Roy, in un libro intitolato «Global Muslims», rivela che lo sceicco islamico Abd al-Aziz al-Siddiq ha emesso una fatwa in cui chiede ai musulmani di immigrare in Europa per diffondere lIslam: «Limmigrazione verso lEuropa e lAmerica non soltanto è permessa ai musulmani, ma è obbligatoria... Di fatto le condizioni di contorno per il suo esercizio e la chiamata allIslam sono migliori in Europa e in America che nella maggior parte dei Paesi islamici».
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