"Nell'era del bullismo mostrerò il volto pulito degli adolescenti"

Federico Moccia, autore di numerosi bestseller giovanili, pubblica Amore 14 da cui trarrà un film in uscita a San Valentino. "E' una storia di donne, ma la protagonista è una tredicenne"

"Nell'era del bullismo mostrerò 
il volto pulito degli adolescenti"

Roma - Angeli o diavoli? Zoccolette o mammolette? E poi: lui ci è, o ci fa? Senza esitare, aggira tale nucleo problematico la fortunata ascesa di Federico Moccia, che nel suo libro-novità Amore 14 (Feltrinelli, dal 2 ottobre), poi anche film (Medusa, dal 14 febbraio 2009) e berretti, magliette, poster e fru-fru cantante, torna a parlare della beata gioventù con l’unico problema di trovare l’animuccia gemella. «Non racconto adolescenti problematici o disagiati, ma la normalità dei sentimenti», spiega il figlio di Pipolo (nome d’arte di Giuseppe Moccia). Buon sangue non mente ed eccolo di nuovo all’opera, Fede, per chiamarlo come le pischelle, che scrivono a «Mr. Amore», la sua community in rete, dove campeggia un fragolone rossoblù. Il trentacinquenne scrittore, sceneggiatore e regista romano, che l’anno scorso fece fare la figura del vecchietto a Raoul Bova, affiancandolo alla diciassettenne Michela Quattrociocche nella commedia romantica Scusa, ma ti chiamo amore (13 milioni di euro al botteghino), col mondo dei teen-ager ha un filo diretto. «Vivo dentro al cielo, quando al tramonto si tinge d’arancio, sempre diverso, sempre se stesso. Penso che le persone siano onde: mai né vincenti, né perdenti» afferma lui, che vive esattamente come i «mocciosi» seguaci suoi: corre in moto a Corso Francia; mangia bombe calde con la crema, va al cinema; chatta in Internet, bazzica i licei. E scrive come respira: dopo i romanzi Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te, Scusa, ma ti chiamo amore, ora abbassa l’asticella dalle parti della scuola media, dove il ferretto ai denti complessa e il brufolo si schiaccia. E dove non si aggirano soltanto ragazzacci, che picchiano i professori o palpano le terga alle supplenti. Se il bene non fa rumore, come sostengono i preti, ci vorrà pure qualcuno, che racconti il lato pulito dei ragazzini.

Caro Federico Moccia, sta per iniziare le riprese di Amore 14, ispirato al suo romanzo omonimo: di che cosa si tratta?
«È la storia plurigenerazionale di tre donne: c’è una nonna, 65 anni, che ancora lavora, perché i soldi, in casa, non bastano mai; una mamma, 43 anni, che fa la stiratrice in una tintoria, mentre il marito lavora al Policlinico e Carolina, la quattordicenne intorno alla quale s’intrecciano le varie vicende».

Ma quel «14» nel titolo fa pensare a un focus sull’adolescenza...
«Il libro è per donne adulte! Certo, Carolina, terza media, è il fulcro di tutto. E i suoi anni sono una bandiera, uno slogan, un diritto di cittadinanza. Con le amiche del cuore Alis, alta e magra, e Clod, che mangia di tutto (“Chi va con Clod, finisce per mangiare”, dice il proverbio), però disegna benissimo, gira per la città, o improvvisamente piange e ha scoppi d’allegria, perché sta scoprendo l’amore e soffre dei tipici alti e bassi d’umore. Soprattutto quando c’è di mezzo l’acquisto di un motorino».

Sarà la solita ragazzina-bene, tipologia cara ai fratelli Vanzina?
«No: la famiglia di Caro, come la chiamano le amiche, è fatta da gente semplice, che abita a Roma, dalle parti della Farnesina. Per il film, cerco una bellezza divertita. Una ragazza non bellissima, ma sicura e serena: un tipetto, insomma».

Qual è il ruolo della famiglia, in questo racconto di formazione?
«Un ruolo molto forte. I genitori d’oggi entrano ed escono rapidamente di casa, perlopiù sono assenti dalle vite dei figli. È di questo che parlano, nel mio blog. Qui no: Rusty, il fratello di Caro, sogna di fare cinema e sembra un po’ balordo, ma è legatissimo ai suoi. Anche la sorella di Caro pare una poco di buono, ma per lei la famiglia è centrale».

Dalle sue tematiche, sembra che le sia mancata un’adolescenza vera e propria. Che cosa rimpiange, del suo «tempo delle mele»?
«I miei ricordi più belli li ho messi nel libro La passeggiata, dedicato a mio padre. Non direi che mi sia mancata l’adolescenza: io sono le storie che racconto.

A tredici anni trascorrevo le vacanze ad Anzio... Ricordo la spiaggia, il bagnino amico, le piste di sabbia per giocare a biglie. E una ragazzina americana, che mi piaceva da morire. E che poi si mise col mio migliore amico, che abitava nel mio palazzo».

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