Laura Verlicchi
da Milano
«Il nostro nemico non è la Cina, ma lEuropa». Niente giri di parole per Rossano Soldini, presidente dellAnci (Associazione calzaturieri), che ancora una volta denuncia i ritardi nelladozione di provvedimenti a difesa di uno dei settori cruciali del made in Italy, messo a rischio dalla crescita esponenziale dellimport cinese (fino all816%) e dalla resistenza del governo europeo allintroduzione del marchio di origine obbligatorio.
Non sono accuse generiche: il bersaglio è ben preciso. È l«ondivago ed ambiguo» commissario Mandelson, che sui giornali italiani riconosce che la concorrenza di Cina e Vietnam nel settore delle calzature è «sleale» ma quando ne parla in Svizzera rifiuta gli strumenti antidumping e non prende nemmeno in considerazione il «made in» obbligatorio. Quelletichetta che invece i produttori italiani ritengono indispensabile per tutelare tanto le aziende - con migliaia di posti di lavoro a rischio - quanto i consumatori. «Ecco perché intendiamo dare un segnale fortissimo - conclude Soldini -: chiederemo come associazione europea ai singoli governi leggi nazionali che, in attesa delladozione in Europa, istituiscano lobbligo di apporre il marchio di origine sui prodotti extra-Ue».
Ma non è lunica iniziativa dellAnci per sostenere un settore che, pur tra molte difficoltà, continua a realizzare un saldo attivo non trascurabile (3,2 miliardi nel 2005, a fronte di un passivo della bilancia commerciale, per il nostro Paese, di oltre 10 miliardi).
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