Il nemico numero uno dei narcos è un labrador e vive sotto scorta

Il nemico numero uno dei narcos è un labrador e vive sotto scorta

Agata è femmina. Ed è rossa. Le superstizioni popolari dicono che siano pericolose. Cattive. I suoi occhi dolcissimi non devono ingannare. «Lei», pericolosa lo è davvero, anche se dipende dai punti di vista. Ma proprio per questo sulla sua testa pende una taglia. Diecimila dollari a chi l’ammazza.
Agata non è donna ma affascinante lo è di certo: è un labrador retriever, razza mite e intelligente, ed è così brava da far impazzire d’invidia quel lupo del «commissario Rex» che fa cinque milioni di spettatori a puntata. Ma lui fa solo l’attore, lo sbirro di celluloide.
Agata invece poliziotta lo è per mestiere. Dal 2003 combatte contro i cattivi, ogni giorno, in un Paese dove bombe e pallottole cadono più della pioggia. Ed è brava. Troppo. La considerano il miglior cane antidroga della Colombia.
Più di un narcos ne ha fatto le spese, vedendosi sequestrare milioni di dollari sottoforma di polvere bianca. Adesso i «cartelli» vari vorrebbero eliminarla. Tanto più che, a dispetto della diffusa pratica sudamericana, non si sa come corromperla. Se l’osso non basta, si potrebbe riuscire con una polpetta avvelenata. Per questo oggi vive scortata. Senza saperlo.
Grazie ad Agata, negli ultimi due anni, i suoi colleghi «bipedi» del Dipartimento de policia Amazonas hanno sequestrato trecento chili di cocaina purissima e una ventina di eroina.
Lingua penzoloni, non proprio da vera signora, lei scondinzola, ignara dei pericoli che corre, tra i bagagli in arrivo e partenza nell’aeroporto di Leticia.
Siamo nella città più meridionale della Colombia, uno dei più importanti crocevia mondiali del narcotraffico, proprio al confine con Brasile e Perù. Trentacinque gradi di umidità pura sfiancano i poliziotti che la devono seguire, lei, Agata, «fiuta» da un valigia all’altra a caccia di droga. Quando trova la «roba» ai due pasti quotidiani si aggiunge un buon pezzo di carne. Ecco il suo premio.
Ma proprio nei pasti sta il pericolo. «Per ucciderla i sicari del Farc o dell’Eln, piuttosto che quelli di Medellin o Cali potrebbero tentare di avvelenarne il cibo», spiega Robert Olanda, l’agente cui è stato ordinato di vigilare ventiquattr’ore su ventiquattro sulla salute della preziosa quattrozampe. Nemmeno la vita di un uomo da queste parti vale più dei dicimila dollari promessi a chi farà fuori Agata. Si ammazza per molto meno. I ragazzini provenienti dalle «ollas», (le baraccopoli) colombiane per pochi spiccioli sono pronti ad ogni tipo di «vuelta». Letteramente significa giro, nello slang vuol dire omicidio.
Agata non più tardi di qualche mese fa ha scovato altri venticinque chili di coca spalmata su una partita di francobolli.

Colpo duro per i trafficanti. «È stata addirittura insignita di una medaglia d’oro al valore» spiega il capo della polizia locale Carlos Medina.
Altro che l’epico Rin Tin Tin o la leggendaria Lassie. Su Agata «la rossa» il film lo dovranno fare.

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