Nerina Pallot, inglesina dalle ballate tutto pepe

Nerina Pallot, l’inglesina che dopo avere espugnato le classifiche del Regno Unito s’appresta al debutto italiano, si presenta in questo album agile, pungente, genuino, non troppo innovativo ma con qualche guizzo (All good people, Nickindia). Slanciata, snella, bellezza tra l’adolescenziale e il vagamente androgino - ricordate Françoise Hardy? Ma con più sensualità e ben altro senso della realtà e dei suoi nodi -. Nerina presta la sua voce acidula a undici canzoni. Si parte col manifesto antibellicista di Everybody’s gone to war: sotto accusa l’utilizzo della religione a fini bellici e di potere, un tema che dalle Crociate arriva ai nostri giorni. Sicché «come aver fede se la fede è un crimine?», si chiede l’artista, e di fronte a un mondo perduto in una spirale di morte, annuncia: «Io non voglio morire». In quest’ottica sfilano pagine di genuina tensione etica come Damascus, All good people, Idaho, e altre più intimiste come l’intensa Sophie. Non siamo di fronte alla nuova Joni Mitchell, certo.

Ma la scrittura è limpida e partecipata, le musiche scorrono al giusto grado di fluidità e di decoro, gli arrangiamenti sono funzionali e la voce dell’autrice è riflessiva e/o impulsiva secondo le urgenze.

Nerina Pallot Fires (Chrysalis)

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