Piero Pizzillo
Botta dei «vertici» di palazzo di giustizia sulla cosiddetta ««pausa caffè» e pesantissima risposta degli interessati, cioè dei 700 e oltre impiegati amministrativi, decisi a dar battaglia sulladozione di un provvedimento che - dicono - cunculca i loro diritti. La tensione è alta, gli animi sono accesi. La riprova si è avuta nel corso di unaffollata conferenza stampa, presenti gli esponenti di tutte le sigle, da Maurizio Maffi della Rdb, a Raimondo Castellana della Flp, a Patrizia Bellotto della Cgil-Ff, ai loro colleghi di Cisl e Uil, ai rappresentanti sindacali dei vari uffici, dalla Corte dappello al Giudice di pace. I sindacalisti hanno detto, a chiare lettere, che è illegittimo il provvedimento deciso unilateralmente dai capi del palazzaccio, secondo cui la «pausa caffè» non può superare 15 minuti, che dovranno essere recuperati (questa è una novità), mentre il dipendente sorpreso senza aver timbrato il cartellino verrà colpito da sanzione disciplinare. Organizzazioni Sindacali e dipendenti puntano i piedi, ribellandosi a una decisione che considerano un diktat. Perché - hanno chiarito i rappresentanti sindacali - «nel rapporto di pubblico impiego non è ammissibile modificare unilateralmente gli istituti contrattuali. Cè stata - hanno detto in conferenza stampa e ribadito in un documento inviato ai vertici - una violazione contrattuale, perché, trattandosi di uninnovazione rispetto a una prassi consolidata, le organizzazioni, come previsto dal Contratto nazionale del lavoro, dovevano essere informate».
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