«Nessun conflitto d’interessi per Berlusconi»

L’Antitrust assolve il premier: «Regolari i contributi per i decoder per la tv digitale terrestre previsti in Finanziaria»

da Roma

La vicenda risale allo scorso 22 dicembre quando, su segnalazione di alcuni parlamentari, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aprì un procedimento nei confronti del presidente del Consiglio, «Mediaset», «Rti» e «Solari.com» in merito alla norma sui contributi statali destinati all’acquisto di decoder televisivi inserita nella Finanziaria 2006. Quasi cinque mesi fa - segnati anche dagli strali dell’Unione e dalle dure prese di posizione di alcuni editorialisti di Repubblica - durante i quali l’istruttoria dell’Antitrust «ha dovuto valutare se la concessione in esame fosse idonea a determinare un privilegio specifico a favore delle predette società sul mercato della Tv a pagamento e su quello dei decoder digitali, con danno per l’interesse pubblico». Istruttoria che si è conclusa mercoledì scorso con un nulla di fatto perché Silvio Berlusconi «non ha violato la norma sul conflitto di interessi» e le società coinvolte «non sono quindi sanzionabili». Una decisione che nell’entourage del premier uscente definiscono «scontata» e sulla quale «nessuno ha mai nutrito alcun dubbio».
«Il contributo totale di 10 milioni di euro previsto dalla legge finanziaria per il 2006 e oggetto del procedimento - si legge in una nota dell’Autorità - è attualmente circoscritto a due sole regioni della penisola e riservato ai decoder aperti». Insomma, «l’eventuale impatto patrimoniale sugli operatori del mercato della Tv a pagamento sarebbe verosimilmente contenuto». Un’analisi, rileva l’Autorità garante della concorrenza, che «risulta ulteriormente rafforzata dalla difficoltà di stabilire una connessione automatica tra il potenziale aumento del numero di decoder indotto dal contributo pubblico previsto dalla legge finanziaria per il 2006 e il possibile incremento degli utenti di servizi televisivi a pagamento». «Visto che - aggiungono i commissari - almeno una parte dei nuovi possessori di decoder potrebbe utilizzare l’apparecchio unicamente per la visione gratuita, in tecnica digitale, di programmi televisivi trasmessi in chiaro». E ancora: «Va inoltre ricordato che l’operatore satellitare “Sky” ha scelto di utilizzare uno standard trasmissivo che non rientra in quelli aperti che possono accedere all’agevolazione fiscale prevista dalla legge». Dunque, anche ipotizzando «una perfetta corrispondenza» tra l’incremento del «numero di decoder incentivato dal contributo pubblico» e l’aumento di «utenti di servizi televisivi a pagamento», l’esistenza di «un’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio delle società di proprietà del presidente del Consiglio risulta difficilmente configurabile». Il tutto, anche in considerazione dell’attuale struttura del mercato e della significativa quota (superiore al 90 per cento) detenuta proprio da «Sky» rispetto alla generalità delle imprese, «ivi comprese le società “Mediaset” e “Rti”, potenzialmente beneficiarie degli effetti derivanti dalle misure di incentivazione statale». Mentre per quanto riguarda la società «Solari.com», peraltro «controllata da un familiare del presidente del Consiglio», considerata la sua quota di mercato inferiore al 5 per cento, l’Antitrust non ritiene che il contributo pubblico «possa aver determinato un vantaggio specifico e preferenziale».


Sentenzia l’Authority: «Per difetto di un vantaggio patrimoniale specifico e preferenziale e per assenza di un danno all’interesse pubblico, deve escludersi la sussistenza nei confronti del presidente del Consiglio di una situazione di conflitto d’interessi».

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