Nessuno aiuta gli imprenditori Aumentano i suicidi per debiti

RomaLa crisi - e il rifiuto di un miniprestito - l’hanno spinto a togliersi la vita. E ora la procura di Taranto indaga per istigazione al suicidio. Quella di Vincenzo Di Tinco, commerciante 60enne di Ginosa Marina, in provincia di Taranto, è solo l’ultima «morte a credito» (negato) di una lista troppo lunga, che dall’inizio della crisi si dipana dal Nord Est alla Sicilia. Solo in Veneto, negli ultimi tre anni, gli imprenditori suicidi sono oltre 50. E il movente economico, stando ai dati Istat, legati ai soli casi denunciati e venuti alla luce, avrebbe spinto a togliersi la vita quasi 400 persone tra 2009 e 2010, con un incremento esponenziale rispetto agli anni precedenti. Cifre per difetto, e comunque da brividi, che al netto di chi il suicidio l’ha solo tentato, e sono tanti, nascondono storie di sofferenza e disperazione.
C’è il concessionario di moto catanese che si è impiccato a Capodanno, perché si vergognava di dover licenziare i suoi dipendenti, o l’imprenditore edile, schiacciato dai debiti, ritrovato in cantiere, appeso a una benna. È successo a novembre in Veneto, e negli stessi giorni si era sparato un colpo alla tempia anche Giovanni Schiavon, stanco di aspettare la riscossione di un credito con lo Stato che non arrivava mai, e che gli avrebbe risolto i problemi. E in tempi di recessione si muore anche per mille euro negati dalla banca, come racconta la vicenda del commerciante tarantino. Che però prima di uccidersi la sua disperazione l’ha raccontata, lucidamente, in due fogli di quaderno. Ha messo nero su bianco la sua storia, ha denunciato le ingiustizie di cui riteneva di essere stato vittima. E quei fogli, ritrovati dai familiari, sono il primo contributo al fascicolo d’indagine aperto ieri dal pm tarantino Enrico Bruschi. Non ci sono indagati, per ora, ma c’è la memoria del commerciante, il racconto della sua odissea, l’angoscia delle scadenze che non poteva onorare, la sordità di una banca che nega un fido da 1.300 euro perché il conto era in «rosso», forse per addebiti non dovuti, di certo contestati. Ma i numeri contano più delle ragioni, nemmeno l’ultimo appuntamento col direttore di banca ha reso il finale della sua storia diverso da quelle che l’avevano preceduto. Ora spetterà alla magistratura accertare se qualcuno è colpevole di aver spinto il commerciante a impiccarsi. Sarebbe un precedente eclatante, mentre nel Paese la crisi miete vittime, e non solo tra gli imprenditori, perché i conti non tornano per tanti.
A gennaio un pensionato barese si era buttato dalla finestra dopo che l’Inps gli aveva chiesto un conguaglio da 5mila euro.

E ieri a Torino un muratore di 59 anni, Gaetano Menale, è morto dandosi fuoco in un parco perché, pochi giorni fa, aveva perso il lavoro. Lui però non l’ha lasciato scritto: a dirlo alla polizia sono stati la moglie e i tre figli.

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