Nessuno può insultare i giudici e i tribunali Non sono mica politici

Caro Granzotto, mi sembra logico, anzi lapalissiano, che se davvero è il Popolo che deve essere sovrano; se la Giustizia emette sentenze «in nome del Popolo»; se «La Legge è - deve essere - uguale per tutti»; se... Allora deve essere lasciato direttamente al Popolo sovrano decidere quanto è lecita (direi valida, opportuna) la pubblicazione dei manifesti affissi dal «bistrattato», allora giovane sindaco, Roberto Lassini. Ora il Popolo può rieleggerlo oppure no? Ricordo, in sintesi, l’azione dei giudici: 50 giorni di carcere, cinque anni di calvario giudiziario, vita distrutta sul piano economico, politico, personale e familiare... ad un perfetto innocente. Lieto se avrò il suo parere.
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Caro Granzotto, in virtù dei privilegi acquisiti per il fatto di essere “granzottista antemarcia” affermo il mio diritto ad avere sollecita risposta al seguente quesito: io risiedo a Verona; cosa devo fare per trasferire la mia residenza a Milano in tempo per dare il mio voto e, se possibile, anche due, all’avv. Roberto Lassini, candidato, se non erro, al Consiglio comunale che, sia pur inconsapevolmente, a quanto sembra, ha chiesto l’allontanamento delle Brigate rosse dalle procure. E che volevano tenersele?
Gianfranco Stegagno
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Le vostre sono due delle molte lettere pro Roberto Lassini - l’autore del manifesto «Via le Br dalle Procure» - che mi sono giunte, caro Tognetti e Stegagno. Molte, ripeto, e tutte deprecabili perché deprecatissimo è stato il manifesto in questione. Fin troppo, e con toni da giorno del giudizio, soverchio uso delle maiuscole e insistente ricorso ai temi cari alla retorica istituzionale. Stavo per scrivere trombonismo, però mi sono trattenuto perché pare che il momento sia grave e la tenuta democratica del Paese scricchioli, pare, pericolosamente. Sempre a causa del manifesto in questione. Ovvio, pertanto, che non cerchi di sottrarmi al dovere democratico e repubblicano di biasimare chi avanza il sospetto che nelle procure s’annidino dei brigatisti. Mi preme solo ricordare che si è dato e si seguita impunemente a dare del «ladro» all’intero Parlamento, che come istituzione non è seconda a nessuna. Mi preme ricordare che nell’aula stessa del Parlamento un Pierfelice Zazzera, deputato dell’Italia dei Valori e sottolineo valori, diede dell’ «assassino» al ministro degli Interni. Ricavandone solo una lavata o meglio sgrullata di capo da parte dell’eppur integerrimo Gianfranco Fini. Mi preme ricordare che il presidente del Consiglio è fatto oggetto da una quotidiana raffica di epiteti ingiuriosi, metà dei quali da caserma. Senza dire dell’invocazione al buon Dio perché gli mandi un colpo sotto forma di ictus, come si augura il caro don Giorgio, parroco di Monte Ravagnate. E per salire più in alto, alla maestà stessa dello Stato e della sua Costituzione - la «più bella del mondo» perché rampollata dalla Resistenza - cosa dire dei maestri e maestre di pensiero che ne prefigurano l’abbattimento a mezzo golpe? Or dunque, se tutto ciò è legittimo, se del Parlamento, del governo, di un ministro di Stato si può dire quel che salta in zucca, se si può liberamente insultare, ingiuriare e vilipendere il capo del governo e incoraggiare a mezzo stampa, mica Facebook, al colpo di stato, è lecito chiedersi il perché tanta paludata indignazione per quel «Via le Br dalle procure».

Se davvero la ragione sta in quel «Br», bè, allora tutto è chiaro: la prossima volta Roberto Lassini ne firmi uno: «Via gli assassini dalle procure», alla Zazzera. A noi ci saranno risparmiate le geremiadi e l’avvocato se la caverà con due giorni di sospensione dalla sua attività di attacchino.
Paolo Granzotto

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