Cè un clamoroso errore nellultima opera di Forattini Giorgio: al momento della stampa sono state invertite la copertina e la controcopertina. Il vero satiro è quello fotografato, con fiore (gerbera, di colore rosso, ahilui) in mano e dimora raffinata alle spalle. Ha londame bianco di capelli che rendono la figura aristocratica, due asole al posto degli occhi, la mano destra appoggiata allo stipite, forse per tenere su ledificio e lItalia cadente. In verità il personaggio è un furbetto del matitino, uno di quelli che se ti piglia ti schizza. In copertina, invece, appare una vignetta che vorrebbe spiegare il fatto e lantefatto, trattasi dello stesso autore disegnatosi da satiro, con occhio furbastro e sorpreso mentre sta per posare il pennino sullombelico di una femmina ignuda con corona e stella sul capo, ovviamente la Patria nostra. Si notano uno sgabellino, lo zoccolo duro del capro, la codina sul deretano villoso, lorologio al polso, le corna, il pizzetto e il baffetto e mezza coppa di vino, rosso anche quello come la gerbera.
Il titolo è un ossimoro Satiromantico (Mondadori, pagg. 263, euro 18), insomma lascivo e tenerone, se limmagine può essere compresa. È da quarantotto libri che Forattini prova a spiegare, con penna e calamaio, quello che passa il convento, tra politici e politicanti, transitando (attenzione a non scomporre questo verbo) da un partito allaltro, varcando anche i confini e raggiungendo la Russia di Putin gasato e gli Stati Uniti dAmerica alla voce Barack Obama, ultimo inquilino della rivista e corretta Black House. Vorrei non dire delletà di Forattini, ma a lui piace ogni tanto ricordarla, quasi a significare che i disegni passano, ma il piacere dellironia non si abbassa, a settanta e otto anni, ha ancora voglia di mettere giù uno schizzo, tiene famiglia e dunque il lavoro è nobile.
Può piacere, pure ai rivali, può creare nausee e insulti anche tra i suoi vicini di giornale, ha stimolato querele illustri (DAlema vi basta?), ha conosciuto le censure, quelle dellera democratica moderna non fascista della sua data di nascita, ma senza manifestazioni di piazza a conforto, senza anni zero e affini a denunciare; ha frequentato la bella gente salottiera e no, imprenditori di prima, durante e dopo e ogni volta mi diverto a segnalare lepisodio che lo vide bambino deluso nella primavera dellOttantadue. Aveva appena firmato la sua collaborazione per La Stampa quando venne convocato in villa collinare da Gianni Agnelli. Baldanzoso e felice come un bambino appunto, entrò nella stanza dove lAvvocato attendeva, pronto con una bottiglia di champagne in ghiaccio e due coppe di cristallo: «Cribbio, tanta roba per me? Che onore!» pensò il neoassunto. «Venga, venga Forattini, brindiamo assieme, abbiamo preso Michel Platini!». Quella volta lì il satiromantico fu il presidente della Fiat.
Segnalo anche una prima della Scala, cronisti affamati di commenti e opinioni sullopera, foyer fumoso; al termine del primo atto tra ceroni, ciprie e abiti paillettanti, appare lo smoking di Forattini. «Interessante, a tratti coinvolgente» le sue parole ufficiali per noi alla ricerca di un titolo, un sommario, una breve. Poi mi tira da parte e mi sussurra allorecchio: «Du cojoni!».
Ho detto delle querele, posso aggiungere che altri vignettisti lo hanno inseguito, seguito, a lui si sono affiancati, alcuni lo hanno sorpassato, ma restano quarantotto e ancora altri libri a segnare una fetta della nostra epoca di comunicazione, dove il segno di una matita sarebbe roba piccola a confronto di internet, digitali e amenità varie. Eppure resiste, resiste, resiste.
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