La Nestlé si scusa, ma Storace non perdona

Il presidente Peter Brabeck: «Sono stato vittima di un errore di memoria». Il ministro della Sanità non ritira la querela: «Ha infangato le nostre istituzioni, ne risponderà in Tribunale»

Francesca Angeli

da Roma

«Mi scuso senza riserve per l’errore di memoria». Il presidente della Nestlé, Peter Brabeck, nel bel mezzo di uno scandalo che coinvolge la salute dei poppanti e dopo aver lanciato contro la Commissione europea e il ministro della Salute, Francesco Storace, l’accusa gravissima di aver siglato con entrambi un accordo per smaltire il latte artificiale, già risultato contaminato, adesso pensa di chiudere la questione con una lettera in cui confessa di aver confuso le date. Chiedo scusa, scrive Brabeck a Storace, per «l’errore di memoria per cui ho dichiarato che i contatti tra Nestlé e l’Agenzia regionale per la Protezione ambientale (Arpam ndr) risalivano a luglio/agosto piuttosto che a settembre».
Scuse che però non mettono a tacere le polemiche e tanto meno possono rendere soddisfazione al ministro che intende andare avanti con la querela. «Brabeck dovrà rispondere in tribunale delle sue affermazioni - insiste Storace -. Il capo di una multinazionale non può permettersi di infangare impunemente le istituzioni italiane». Oltretutto, osserva il responsabile del dicastero della Salute, «la lettera è ambigua». Brabeck infatti, osserva Storace, dice «di essersi sbagliato per colpa dei giornalisti e poi aggiunge che i contatti con le autorità italiane li ha avuti a settembre, poi cambia obiettivo con un passaggio ambiguo sull’agenzia regionale delle Marche come volesse dire non è colpa vostra ma delle Marche: insomma non va bene e io proseguo per la mia strada fino in tribunale».
E certamente la vicenda è appena agli inizi visto che c’è un’inchiesta in corso condotta dal procuratore di Ascoli, Franco Ponticelli, mentre in Italia proseguono a raffica i sequestri delle confezioni di latte incriminato. Dopo la Nestlé ora tocca a Milupa. Sequestrati Aptamil 2, con scadenza 10 dicembre 2005; Aptamil Soia 2, con scadenza 25 marzo 2006; Babymil, con scadenza 28 febbraio 2006, e Aptamil 1, con scadenza 30 giugno 2006, che presentavano concentrazioni di Itx da un minimo di 125 a un massimo di 165 microgrammi per litro.
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire l’accaduto per individuare le responsabilità. Ieri gli investigatori del Corpo forestale inviati dalla Procura di Ancona hanno ascoltato alcuni dirigenti del ministero nella sede di Roma a Lungotevere Ripa. Tra questi Romano Marabelli che è responsabile della Direzione generale sanità veterinaria ed alimenti. Gli investigatori vogliono capire dove e perché il sistema di allerta si è inceppato. Il ministero avrebbe ricevuto la segnalazione della presenza di Itx nel latte della Nestlé dall’Arpam delle Marche il 2 di settembre.
Allerta rilanciato l’8 settembre in sede comunitaria, visto che questa è la prassi per questo genere di decisioni. Nello stesso giorno Bruxelles aveva accettato l’allerta in base al principio di precauzione, anche se l’Itx non è considerata una sostanza tossica. Ricevuta la risposta di Bruxelles il ministero ha rigirato l’allerta alla Regione Lombardia dove ha sede la Nestlé. La procedura comunitaria prevede che spetti avvertire le altre regioni alla Lombardia, che in effetti afferma di averlo attivando le Asl competenti per territorio e gli altri enti locali già a metà settembre. L’unica certezza è che controlli, sequestri e ritiri sono scattati soltanto l’8 novembre.

Per coloro che saranno riconosciuti responsabili per ora l’ipotesi è quella di violazione della legge 283 sulla genuinità degli alimenti, perché l’Itx non è considerato un prodotto tossico. Le associazioni di consumatori però si stanno già muovendo: sono scattate le prime richieste di risarcimento danni da parte delle famiglie che hanno usato il latte di sostituzione incriminato.

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