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New York, 19 terroristi pronti a colpire il metrò

L’allarme da Bagdad: l’operazione doveva essere fatta da uomini di Al Qaida armati di valigette esplosive

New York, 19 terroristi pronti a colpire il metrò

da New York
Per la prima volta dall'attentato alle torri gemelle, New York è tornata ad avere paura, ieri pomeriggio, quando le televisioni hanno annunciato che c'era stata una «minaccia credibile» contro la metropolitana. Che 19 ordigni esplosivi avrebbero potuto far saltare in aria alcune fermate della città.
Gli attentati londinesi di alcuni mesi fa avevano lasciato i newyorchesi in uno stato di continua apprensione, tra telecamere e nuovi sistemi di sicurezza, poliziotti che controllavano, sistematicamente, ogni borsa e unità cinofile che ispezionavano ogni fermata della subway dei vari quartieri cittadini. Viaggiare underground aveva assunto il sapore di un rischio quotidiano in una città che non dimenticava le Torri Gemelle. Ma ieri pomeriggio alle quindici ora newyorchese, le ventuno ora italiana, la paura di una nuova minaccia è diventata un allarme: secondo le fonti della rete televisiva Abc, l'Fbi avrebbe avvertito le forze dell'ordine cittadine di essere in possesso di informazioni troppo precise per non essere prese seriamente in considerazione. Secondo la Abc e la rete televisiva Fox, tre ribelli iracheni, arrestati vicino a Bagdad nei giorni scorsi durante una operazione congiunta dell'Fbi e della Cia avrebbero ammesso durante un interrogatorio che un gruppo terroristico stava preparando un attentato contro la metropolitana newyorchese: 19 valigette avrebbero dovuto essere piazzate in varie fermate per essere poi fatte esplodere in un'operazione congiunta che avrebbe paralizzato la città. Diciannove terroristi si stavano sguinzagliando per colpire l'underground cittadino e trasformare New York in un inferno. A spaventare ancor più chi ascoltava i particolari di quella minaccia c'era quel numero: 19, come i terroristi di Al Qaida che avevano trasformato l'undici settembre in una data di perenne lutto.
Mentre la metropolitana continuava a viaggiare e almeno 4 milioni di newyorchesi si accingevano a lasciare gli uffici e il posto di lavoro, il sindaco Michael Bloomberg ha tenuto una conferenza stampa, per ribadire che la minaccia era credibile e che anche nei prossimi giorni la subway rimaneva a rischio. A fare di questa minaccia la prima e l'unica veramente credibile dall'undici settembre erano stati tre dati specifici nell'informazione fornita dai prigionieri iracheni durante gli interrogatori: il luogo esatto dell'attentato, l'ora e il metodo.
«Non abbiamo ancora compiuto alcun arresto a New York» ha dichiarato Bloomberg, «ma vi dico solo che da oggi pomeriggio il passeggero seduto accanto a voi potrebbe essere un poliziotto in borghese. Mai come oggi le forze dell'ordine sono scese nelle strade e nelle fermate della metropolitana, per proteggere la città».
Anche Peter King, il responsabile del ministero della Homeland Security, lo stesso che oggi è sotto accusa per il fallimento delle operazioni di soccorso in Luisiana, dopo l'uragano Katrina, ha ammesso che questa minaccia è «significativa e assai credibile».
Era stata una telefonata di Raymond Kelly, il capo della polizia newyorchese, ad avvertire King annunciando che alla polizia cittadina era stato chiesto di fare turni straordinari di 12 ore fino alla fine del week-end.
Così in una splendida giornata di sole ancora estivo, mentre milioni di newyorchesi scendevano senza pensieri i gradini del metrò, migliaia di agenti in borghese e di poliziotti armati di mitra si sono disseminati lungo i tracciati del metrò.
«Stasera torno a casa con la metropolitana» ha dichiarato Bloomberg, «e domani verrò a lavorare col metrò». Non ho paura e non dovete temere neppure voi. Chiedo solo ai cittadini, a chiunque, di tenere gli occhi aperti».

Le festività ebraiche stavano finendo, il Ramadan stava cominciando: New York, mentre scendeva la notte si faceva ancora una volta coraggio.

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