nostro inviato sul volo
New York-Roma
Quel che davvero colpisce è il misto tra l'affabile cortesia e la ben celata disperazione. Che si coglie tutta non tanto nelle parole, quanto nello sguardo e nei gesti dell'impeccabile responsabile del volo Alitalia Az0645. È il 22 dicembre, ore 17.25 a Newark, l'aeroporto del New Jersey che serve New York. Luigi Viggiani, pochi minuti alla partenza, si avvicina all'ignaro passeggero del posto 1D, che poi sarebbe il sottoscritto. E, quasi fosse un augurio, chiede serio: «Le hanno detto che questa poltrona ha l'impianto elettrico completamente bloccato, vero? È del tutto immobile, viaggerebbe più comodo in classe Economy». La risposta, ovviamente, è no.
Ed è qui che entra in gioco la disperazione, del passeggero certo, ma pure dell'ormai esausto stewart. Perché, spiegherà più tardi, va avanti così da un mese, «con clienti furibondi che passano l'intero viaggio a prendersela con noi». Invece? Invece, assicura Viggiani, «è da tempo che con fax e mail è stato segnalato il guasto all'Alitalia». Insomma, «sanno che questo posto non è vendibile». Già, perché su una tratta di sette e passa ore è fin troppo chiaro che chi decide di comprare un biglietto di Business (circa tremila euro tra andata e ritorno) non lo fa certo per le prelibatezze offerte dal nuovo catering, né per godersi un bel film sui nuovi lettori dvd. Lo fa, di grazia, per dormire sonni tranquilli e, possibilmente, comodi. Così, mentre le parole «posto non vendibile» ancora sono appese nell'aria, l'adesso meno ignaro passeggero chiede di parlare con il responsabile Alitalia dello scalo di Newark. Che il guasto fosse noto da mesi, assicura Dino Sehic, «non è affatto vero». «Io - aggiunge - non posso fare altro che prendere conoscenza del problema, poi arrivato a Roma può chiedere alla biglietteria un rimborso parziale o in miglia». Cosa che, atterrati a Fiumicino, si rivelerà falsa. Il punto, però, è anche un altro. Se l'Alitalia conosce il problema, anche il desk del check in dovrebbe vedere che il posto ha qualcosa che non va. Così, il povero passeggero - arrivato all'aeroporto di Newark ben tre ore prima della partenza - chiede conto anche di questo. «Perché neanche l'accortezza di assegnarlo all'ultimo che fa il check in della Business?». «Perché - assicura Sehic - il desk non ha alcuna segnalazione». Falso anche questo, visto che perfino il banco accoglienza Alitalia di Fiumicino - quello ancora all'interno degli Arrivi internazionali - «legge» sul monitor che la postazione è guasta. «Infatti - spiega il funzionario - il posto 1D è segnalato con un asterisco». E dunque, lasciando da parte l'ipotesi del malocchio, oltre al danno c'è pure la beffa - per la verità molto italiana - di scaricare il problema sempre su qualcun altro, lasciando che esploda nelle mani di qualcun altro. E forse è proprio questa la ragione dell'esasperazione del responsabile del volo, l'unico costretto a sorbirsi le scontate e furibonde lamentele. Già, perché arrivati a dieci minuti da decollo e con il volo in overbooking, una soluzione non la riesce a tirar fuori neanche l'impeccabile e fin troppo cortese Viggiani.
Così, dopo l'attesa nella sala accoglienza Alitalia di Newark (comune ad altre compagnie) insieme a un topo che scorrazza amabilmente per le poltrone - «ormai è un nostro amico, se ne prenda cura anche lei», ha meravigliosamente sorriso una delle hostess davanti alle proteste di un passeggero - si parte per Roma. Con poltrona bloccata, che grazie all'aiuto dell'equipaggio verrà poi tirata giù manualmente e a forza per dormire. Ma solo una volta, che l'operazione è fin troppo complicata e si rischia di fare l'atterraggio in posizione supina. Poltrone, spiegano in Alitalia, installate tre mesi fa su tre 766 e ognuna del costo di 40mila dollari. Per il rimborso nessun problema. Basta inviare una lettera alle Relazioni con la clientela. Il testo è prestampato e recita così: «Gentile Cliente, grazie per aver scelto Alitalia.
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