RomaNonostante il solleone romano, grosse nubi saddensano su Palazzo Chigi. Sul tavolo del governo, infatti, piomba il dossier della spending review. E, naturalmente, si gonfia il fronte del «no». Sul piede di guerra un po tutti: sindacati, enti locali, partiti (in maniera trasversale) e persino ministeri. Nessuno ha voglia di fare una cura dimagrante draconiana anche se Monti e il viceministro del Tesoro Vittorio Grilli spingono per tagli alla spesa significativi. Per tutta la giornata di ieri è stato il solito balletto di cifre sui risparmi: sette miliardi? Otto? Dieci? Oppure cinque o sei subito e gli altri in autunno? Lobiettivo in ogni caso è dichiarato: evitare laumento dellIva che avrebbe ulteriori effetti recessivi su un sistema economico già in coma. E un punto di Iva vale circa dai 6 agli 8 miliardi su base annua. Ecco perché Monti, con lappoggio di Mister-mani-di-forbice Enrico Bondi, ha avviato un primo giro di consultazioni per stabilire poi lentità precisa del colpo di scure. Ieri è stata la volta dei ministri. Oggi toccherà alle parti sociali e agli enti locali. Tutti tremano perché scure sarà.
Naturalmente piovono «niet» preventivi. Il ministro della Salute Renato Balduzzi ha già fatto sapere che può tirare la cinghia fino a poco più di un miliardo di euro da qui alla fine dellanno ma non oltre. Ma i tecnici dellEconomia e il premier stesso insistono perché la cifra raggiunga almeno il doppio: due miliardi o forse tre. La spesa sanitaria è nellocchio del ciclone ma sia il ministro sia i governatori delle Regioni piazzano paletti al grido di «basta coi tagli lineari» di tremontiana memoria. Stesso altolà da parte di tutti i sindacati: sia quelli confederali sia quelli di categoria. Altro ministero toccato nel vivo è quello della Funzione pubblica, guidato da Patroni Griffi, che deve gestire la patata bollente della stretta ai dipendenti pubblici. Per non parlare del capitolo del taglio dei tribunali, legato alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Qui la Severino dovrebbe dare il nullaosta alla cancellazione o accorpamento di centinaia tra tribunali e sezioni distaccate.
Affilano le armi anche i governatori, che sfileranno oggi davanti al premier, a prescindere dal colore politico. Il governatore della Campania Caldoro, infatti, ha già messo le mani avanti: «Aspettiamo di leggere il testo ma se togli la sanità, i trasporti, la mobilità e il welfare, colpisci i cittadini». Per non parlare dei sindacati che già parlano di guerra. «Se si faranno tagli tanto per farli faremo iniziative in tuttItalia. Anche uno sciopero generale - avvisa Bonanni della Cisl -. E per il pubblico impiego è necessario un piano industriale». Idem la Cgil che schiuma: «Non è accettabile che il governo usi la spending review per ridurre ancora il finanziamento per la sanità». E anche Angeletti della Uil avverte: «Così si colpiscono i più deboli e temo che il proseguo di questa politica economica ci costringerà a fare uno sciopero che a quel punto sarà politico». Ma il «niet» più pericoloso arriva dal leader del Pd Bersani: «Se un intervento è strutturale non può mai avere la sola logica dellemergenza».
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