Due volte in vantaggio, due volte nella polvere. E questa volta a nulla serve nemmeno la generosità dell’arbitro che punisce con un rigore l’abbraccio tra Materazzi e Riganò. In corso Vittorio Emanuele gli abusivi mettono via veloci bandiere nerazzurre e trombette per tirar fuori bolle di sapone e ombrelli. Le prime così terribilmente simili a uno scudetto che ancora una volta sparisce tra le mani quando Mancini e compagni cercano di afferrarlo, i secondi assolutamente inutili in una giornata quasi estiva. Ma sicuramente più facili da vendere di qualunque gadget che ricordi una squadra davvero sciagurata. E ora i numeri da giocare sono tre e meno uno. Tre come le domeniche in cui Milano ha apparecchiato piazza Duomo per festeggiare. Meno uno come i punti della Roma che insegue e adesso fa davvero paura. Pazza Inter, come nell’inno voluto dal presidente Massimo Moratti. Ma a tutto c’è un limite. Sarebbe bellissimo vincere lo scudetto battendo il Milan nel derby in casa sua, aveva detto qualcuno domenica scorsa. Sarebbe bello. «Tranquilli - aveva detto mister Mancini -. Sarà ancora più bello vincerlo in casa domenica contro il Siena». Difficile non credergli. E invece l’Inter è ancora la squadra del condizionale e del futuro che non diventa presente. Troppo anche per gli 80mila tifosi che hanno riempito lo stadio. «È incredibile - piange un ragazzo con tanto di maglia del centenario appena fuori dal cancello -. Guadagnano 5 milioni di euro all’anno e invece pensano solo a loro stessi. Una vergogna giocare così». «Il rigore? Ma come si fa a batterlo in quel modo». Sotto l’Arengario restano malinconicamente ammonticchiate le transenne che avrebbero dovuto contenere l’affetto dei tifosi. Niente cori, niente giocatori affacciati. Se ne riparla domenica prossima? Ormai non c’è più nessuno disposto a dirlo. Il fantasma del 5 maggio paralizza le corde vocali al solo ricordo di come andò a finire nel 2002. E non consola nemmeno la sconfitta del Milan e la Champions dei cugini a rischio. Ora l’Inter andrà in casa di un Parma con un piede in B, ma ancora impegnato nella lotta salvezza. E guidato da quell’Hector Cuper che gli interisti ricordano bene.
E siccome al peggio non c’è mai fine, in serata qualche disgraziato pensa bene di prendersela con Mario Beretta.
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