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Niente nazionalità francese a chi mette il burqa alla moglie

Proposta del governo. Dopo il referendum anti-minareti in Svizzera un’altra iniziativa contro i simboli islamici: "Rifiutiamo chi non condivide i nostri valori"

Niente nazionalità francese
 
a chi mette il burqa alla moglie

Da qualche giorno, per l'esattezza da dopo il referendum che ha vietato la costruzione di nuovi minareti in Svizzera, la Francia discute. Animatamente. Oggetto del confronto, nientemeno che l'identità nazionale, il significato di essere francesi. Il dibattito è stato lanciato, anche questa volta, dal presidente Nicolas Sarkozy, che con un lungo articolo su Le Monde, aveva sottolineato come quelle svizzere fossero «preoccupazioni condivise», ma un contributo destinato a intensificare i toni è arrivato ieri dal ministro alla Giustizia francese, Michele Alliot-Marie, che, per combattere alla radice un problema molto sentito e che trova spesso le proprie radici nell'ambiente familiare, ha proposto di rifiutare la nazionalità francese agli uomini con la moglie in burqa. Il motivo è semplice: i valori sarebbero inconciliabili con quelli della République, che ça va sans dire, vanno difesi senza se e senza ma. «Un uomo che ha una moglie con il velo integrale è una persona che non condivide i valori del nostro Paese. In questo caso bisogna rifiutarlo», ha tuonato la ministra. Un'affermazione che è destinata a rilanciare il confronto aperto già l'estate scorsa da Sarkò, quasi anticipando quello di questi giorni, quando l'inquilino dell'Eliseo aveva sentenziato che «qui il burqa non è gradito». Va da sé che in un Paese che, come la Francia, si rivendica laico ma ospita la comunità musulmana più numerosa d'Europa, questi temi scottano e sono destinati a restare al centro del dibattito a lungo. Perché tutti si sentono chiamati in causa dopo che, già otto anni fa, è stata votata una legge che vieta il velo nelle scuole e che potrebbe presto essere estesa a tutti i luoghi pubblici. D'altra parte, sottolinea uno studio, nonostante la numerosa comunità islamica, a portare il burqa o il niqab in Francia è solo una piccolissima minoranza. E allora, dallo scorso luglio, una commissione parlamentare sta lavorando sul tema, sotto il pungolo del dibattito pubblico, che rimbalza continuamente fra le affermazioni delle femministe, le posizioni dei gruppi islamici e i richiami di vari ministri. «Stiamo aspettando le sue conclusioni», ha raccontato la Alliot-Marie, intervenuta ieri alla tv all news Lci, anticipando anche che «su alcune questioni bisogna essere fermi», facendo evidentemente riferimento alla nuova legge. Insomma, fra un intervento in prima pagina di Sarkozy per invitare i connazionali musulmani a vivere la propria fede in maniera discreta e senza esibizioni e al contempo gli altri a essere tolleranti, fra una proposta di più di cento deputati di destra che vorrebbero vietare le bandiere straniere nei matrimoni, il dibattito va avanti. E se difficilmente si arriverà a un referendum come quello svizzero, che oltralpe ha lasciato scioccati molti, sembra certo che il governo francese sia determinato ad andare avanti per la sua strada. Tanto per chiarire bene la posizione della sua Francia, Sarkozy ha assicurato ai musulmani francesi che farà «di tutto perché si sentano cittadini come gli altri», ma ha speso più righe per ricordare che «nel nostro Paese, in cui la civiltà cristiana ha lasciato una traccia tanto profonda, tutto quello che potrà apparire come una sfida a questa eredità e a questi valori condannerebbe al fallimento il necessario sviluppo di un islam di Francia». Che i francesi giudicano in ogni caso «compatibile con la vita in società».

Secondo un sondaggio pubblicato proprio ieri dal quotidiano Le Parisien, infatti, la penserebbe così il 54% degli intervistati, che però ha tenuto a sottolineare che, rispetto alle altre grandi religioni monoteistiche, la cattolica (82%) e l'ebraica (72%), l'islam convince comunque meno.

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