Politica

Niente più carcere per chi offende il tricolore

Via libera della Camera alle norme che depenalizzano i reati d’opinione. Sì del Senato alla nuova legittima difesa

Anna Maria Greco

da Roma

Non più carcere ma una multa fino a 10mila euro per vilipendio al Tricolore, mentre rimane la reclusione per chi distrugge o imbratta la bandiera nazionale. L'aula della Camera approva le nuove norme sui reati d’opinione che abbassano da 3 a 1 anno e 6 mesi la detenzione prevista per i razzisti e introducono l’alternativa di una multa fino a 6.000 euro.
Viene dunque ammorbidita la legge Mancino, ma non come avrebbe voluto la Lega. E nell’aula della Camera il Carroccio trova a sbarrargli il passo il gruppo di An, guidato da Ignazio La Russa. Dopo voti incrociati, mediazioni e difficoltà nella Cdl passa l’emendamento che prevede la doppia alternativa per chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico. Stessa pena anche per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
La maggioranza vota unita, la Fed contro, con l’astensione di Verdi e Prc. Passa ora al Senato il testo che elimina o riduce la condanna al carcere per molte fattispecie punite finora in base al severo codice Rocco e cancella dal codice penale reati come l'attività antinazionale all'estero e l'apologia sovversiva antinazionale. In particolare, nessuno potrà più essere perseguito per aver criticato il capo dello Stato attribuendogli la responsabilità di misure prese dal governo. Il carcere resta per tutti i casi in cui dalle parole si passa ai fatti violenti: ma il carico viene «alleggerito» e scompare, ad esempio, l'ergastolo per gli attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità della nazione, che saranno puniti con un massimo di 10 anni di reclusione.
«State consegnando al magistrato - commenta la Ds Anna Finocchiaro - una straordinaria discrezionalità nella scelta della pena». E per una volta è d’accordo con il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, che aveva avvisato di non dare «armi a qualche magistrato illiberale per colpire le idee di qualcuno». Per il Guardasigilli era preferibile seguire la strada della Commissione, con l'emendamento sul razzismo che puntava a eliminare il carcere per chi propaganda odio razziale o etnico, distinguendolo da chi istiga a commettere reati. Castelli ricorda Oriana Fallaci, che rischia la prigione per la legge Mancino. Ma La Russa teme che le modifiche siano «propagandistiche» e agevolino «le strumentalizzazioni della sinistra che ci avrebbe accusato di facilitare atteggiamenti razzisti».
Il Guardasigilli è invece soddisfatto della decisione dell’assemblea di Montecitorio di esaminare la riforma dell'ordinamento giudiziario solo nei 4 rilievi mossi dal Quirinale. «Ci sarà una discussione più rapida», commenta Castelli. E non esclude il ricorso alla fiducia. «Dipenderà dall'ostruzionismo dell'opposizione».
Dal Senato, invece, arriva il primo via libera, con il voto di tutta la Cdl e tra le polemiche dell’opposizione, alla legge che introduce il principio della legittima difesa per i beni nelle abitazioni private, nei negozi e negli uffici. L’emendamento consente l’uso di un’arma nel domicilio privato, quando sussiste la proporzionalità tra offesa e difesa ed estende il principio alla difesa dei beni anche ai negozi, agli uffici privati e alle adiacenze immediate dell'abitazione.
«Uno scempio del diritto», per il Ds Massimo Brutti. Ma per Luigi Bobbio di An «gli aggressori ora dovranno valutare i rischi che affrontano».

«Finalmente lo Stato sta dalla parte di Abele», dice il ministro leghista Roberto Calderoli.

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