Gianmarco Giavardi, scienziato, ha un figlio down, di quattro anni: «Io non sono d’accordo, perché non cambi una persona soltanto con una correzione degli occhi o della bocca».
Suo figlio è ancora piccolo. Ma in prospettiva?
«Quando sarà grande e in grado di decidere da solo?».
Esatto.
«Allora si discuterà a tavolino come e quando si deve decidere se comprare o no la moto».
Forse non è la stessa cosa.
«In qualche maniera sì. Si tratta di discutere insieme su una cosa che potrebbe portare vantaggi e svantaggi. Poi, se mio figlio insisterà e vorrà farsi correggere gli occhi a tutti i costi, lo accetterei».
A malincuore?
«Vorrà dire che un chirurgo estetico avrà guadagnato qualche migliaio di euro in più. In fondo, se una persona ha dei gravi problemi relazionali per una qualche particolarità fisica, ben venga la chirurgia».
Quindi lei non demonizza i genitori inglesi?
«Non li metto alla gogna, non sono scandalizzato. Non hanno ammazzato nessuno. Ogni giorno milioni di persone si fanno cambiare naso e occhi».
Ma?
«Nel caso di sindrome di down l’integrazione è molto più importante. Gli occhi a mandorla sono l’ultimo dei problemi».
Potrebbe però essere un piccolo passo.
«Un ritocco di chirurgia estetica fa bene alla gente.
Ma non la convince.
«È come dire a un disabile che con la vitamina C diventa normale».
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