Politica

No della Consulta alla «lingua» piemontese. La Regione: non ci arrendiamo

La Corte costituzionale boccia la legge della Regione sulla tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio linguistico nei punti in cui fa riferimento alla «lingua piemontese». L'assessore Coppola: «Non è solo un dialetto». IL governatore Cota: «Ne presenteremo un'altra»

Il piemunteis l'nen una lenga, al massimo un dialet. È finita così ma è appena incominciata, parola di Roberto Cota il neogovernatore. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma della legge della Regione Piemonte sulla tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio linguistico del Piemonte nei punti in cui fa riferimento alla «lingua piemontese», che non è fra quelle «ammesse a tutela». Adesso, la giunta si prepara al secondo round.
Perché quella legge, approvata nell'aprile 2009 dalla precedente maggioranza di centrosinistra con i voti dell'allora opposizione, era senz'altro una forzatura: escluso che l'intera assemblea regionale non conoscesse la Costituzione, là dove la carta affida allo Stato, e non alle Regioni, la competenza sulle lingue, il tentativo era il riconoscimento del piemontese come lingua. A presentare il ricorso ora accolto dalla Consulta era stata la presidenza del Consiglio dei ministri, secondo la quale la legge regionale «eccede dalla competenza regionale» attribuendo alla «lingua piemontese» un valore «non solo culturale». Ma la Regione Piemonte si era costituita in giudizio sostenendo che lo stesso Statuto riconosce alla Regione «il potere di tutelare e promuovere l'originale patrimonio linguistico della comunità piemontese, nonché quello delle minoranze occitana, franco-provenzale e walser» e che nella normativa impugnata l'espressione «lingua piemontese» andrebbe intesa come «qualsiasi altro bene artistico e culturale e come patrimonio linguistico da tutelare e valorizzare». Ma il «piemontese», secondo il governo, «è solo un dialetto» e comunque la questione, in base all'articolo 117 della Costituzione è una questione attribuita alla esclusiva competenza dello Stato. Motivazioni, quelle a sostegno del ricorso presentato, che hanno fatto decidere i giudici della Consulta per l'incostituzionalità, anche facendo notare che la tutela dell'identità culturale non consente al legislatore regionale un «potere autonomo» per identificare «una propria lingua oltre a quelle riconosciute e stabilite dal legislatore statale, come nel caso della legge 482 del 199 che consente alle regioni la stipula di convenzioni con la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per trasmissioni nelle «lingue ammesse a tutela», tra le quali, però, non è compreso il piemontese.
Una sentenza che fa dire al centrosinistra, con il capogruppo Pd Aldo Reschigna, che il centrodestra «gioca due parti in commedia:autonomista a Torino e centralista a Roma». Ieri l'assessore alla Cultura Michele Coppola ha detto di non capire le ragioni della bocciatura: «Sono stupito perché in realtà in questi anni noi come Regione Piemonte abbiamo riconosciuto e tutelato la lingua piemontese, e anche lo Statuto regionale ribadisce questa volontà. C'è una legge regionale del Veneto che riconosce e tutela la lingua veneta. Faccio quindi fatica a comprendere le motivazioni per cui quella piemontese non debba essere altrettanto tutelata». «In piemontese - ricorda l'assessore - ci sono vocabolari, grammatiche, e una ampia letteratura. E l'Ires, l'istituto statistico della Regione Piemonte, in una delle sue ricerche ribadisce che circa l'80% dei piemontesi capisce e parla il piemontese. Questo significa che oggi ci sono oltre due milioni di soggetti che capiscono e parlano questa lingua».
Il braccio di ferro è appena incominciato, avverte il governatore.

«Ripresenteremo una legge che tenga conto dei rilievi della Corte Costituzionale, ma che vada fortemente a tutelare il piemontese, che noi consideriamo a tutti gli effetti una lingua».

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