No al ripudio, la nuova via dell’islam

No al ripudio, la nuova via dell’islam

Un grave problema per l’islam che si rinnova è indubbiamente il ripudio e anche questa istituzione rientra nella visione diffusa nel mondo occidentale della uniformità e della staticità della legislazione nel mondo arabo-islamico. Né l’uniformità né la staticità corrispondono al vero come non corrisponde al vero, ed è solo uno slogan degli agitati fondamentalisti, il notissimo grido «L’islam è religione e stato».
L’islam è di per se stesso una «civiltà» nella quale convivono dal punto di vista giuridico tre componenti: la prima è costituita dal diritto locale, quasi sempre precedente all’islam, ignoratissimo dal mondo occidentale. Una realtà questa che integralisti e fondamentalisti tentano da tempo di coprire. La seconda è la notissima shari’ah, la legislazione islamica cosiddetta divina più o meno legata al Corano e infine la terza è quella costituita dal diritto positivo, frutto dei parlamenti locali e delle convenzioni internazionali.
Tutti i comportamenti che non sono collegati al frutto giuridico di queste tre componenti appartengono al folklore. Tra questi rientrano usi che ci colpiscono in modo decisamente negativo come l’infibulazione.
Il ripudio, come la poligamia, appartiene alla seconda legislazione, quella della shari’ah e quindi gode di una riverenza popolare di carattere religioso anche se non è un atto di carattere sacro. Secondo le norme fissate dalla shari’ah il ripudio deve essere dato in tre tempi successivi ma, per una mancanza d’attenzione a questo istituto dei grandi giuristi dell’islam dei primi secoli, non vennero fissati dei limiti di tempo tra un’enunciazione e l’altra. I commentatori musulmani dicono da tempo, rimproverando larvatamente i loro padri e con non poco pentimento, che sarebbe bastato questo per ridurne la potenza esplosiva. Ma pur non sentendosi più di intervenire su questo istituto i giuristi delle epoche successive aggiunsero qualcosa nella speranza di ridurne la pericolosità sociale. Se un uomo si pente del ripudio dato e vuole riprendere la stessa donna come sposa lo può fare solo se questa è già stata sposa di un altro e, com’è esplicitamente fissato, con relazioni sessuali.
Questa piuttosto strana legislazione in materia ha fatto nascere, nel mondo islamico classico, la figura del «liberatore» ovverosia di un uomo che di professione sposa le donne ripudiate che gli ex mariti vogliono risposare e, a sua volta, le ripudia, rendendo leciti i successivi ri-matrimoni.
Le legislazioni di origine parlamentare di alcuni paesi arabo-musulmani hanno provveduto nei nostri giorni «per legge» a eliminare questo istituto giuridico dettato dalla shari’ah come hanno azzerato la tradizionale magistratura basata sul càdi e sul mùfti legata alla stessa shari’ah sostituendola con i tre ordini di giudizio e, caso particolare ma importante, introducendo il concetto, sconosciuto al diritto musulmano, della prescrizione.


Altri paesi aspettano che maturi un minimo favore popolare - che sta crescendo nelle nuove generazioni anche se enormemente ritardato dal fastidio epidermico, ormai costante, che queste idee non siano frutto del loro pensiero ma dell’imitazione del mondo occidentale - per abolire formalmente il ripudio dalla loro legislazione di stati sovrani.

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