"Noi della Casa dello studente sepolti 15 ore sotto le macerie"

I racconti degli universitari sopravvissuti al crollo della palazzina. In sei ce l’hanno fatta. Ma un ragazzo è morto e sette mancano all’appello

"Noi della Casa dello studente sepolti 15 ore sotto le macerie"

nostro inviato a L’Aquila

Mani, pale, il braccio meccanico. Si scava in ogni modo e sei ragazzi ancora sono sotto.
Cinzia si è salvata, con un calcinaccio nell'occhio. Luigi si è salvato: l'indecisione di un attimo gli ha regalato la vita. Alessandro è saltato dal primo piano mentre la facciata accanto crollava sulle sue stesse fondamenta. È vivo, ce l'ha fatta. Di notte si sentivano i ragazzi gridare aiuto, non si vedeva nulla, la corrente saltata, la polvere. Sono passate quindici ore e la Casa degli studenti non ha ancora restituito tutto il suo orrore. Alle 4 del pomeriggio arriva dalle macerie la borsa di Angela, una tracolla rossa, di pelle, da ragazza. «La borsa di Angela!». Ma Angela ancora non c'è. La terra trema in continuazione, piove sulle macerie dell'ostello e sulle coperte che i genitori, i fratelli, gli amici dei sei ragazzi tengono sulla testa, per coprirsi, pur di non andare via di lì, da quelle mani, da quelle pale che stanno tirando su il nulla, polvere, calcinacci, panni fradici e strappati non si sa di chi.
Chi è Angela? «Non lo so», risponde una donna con gli occhi rossi incantati senza espressione sui soccorritori. «Là sotto c'è mio figlio». Ne hanno tirati fuori sette dalle macerie, sei vivi e uno morto. Ma era solo l'inizio. La sala d'attesa di chi aspetta è un muretto sbrecciato, il letto per distendersi è un'aiuola che continua a muoversi di un tremito profondo e continuo che non ha tregua neppure per il dolore.
Se avessero dato ragione a Cinzia, Cinzia la “paranoica” che adesso piange mentre si stringe nel pigiama rosso: «Dormiamo in macchina - aveva detto ai ragazzi - io dormo in macchina». Se l'avessero seguita in quel suo pensiero previdente, dopo la scossa delle undici, poteva essere una notte diversa, in auto. Invece no. Sono andati tutti a dormire nei loro letti gli studenti della Casa, fino alla scossa che ha piegato i muri. Potevano essere cento, invece erano in una quarantina a dormire là dentro. Le vacanze hanno salvato più della metà degli ospiti.
Dalle macerie spunta la carta d'identità di Luciana, ma Luciana non c'è. L'aspettano i suoi amici di Medicina, e aspettano Michelone, un israeliano grande e grosso, là sotto, anche lui. «Io dormivo lì», indica Cinzia con il dito. Con il suo fidanzato. Sono stati liberati insieme due ore dopo il terremoto. È la parte destra della palazzina. L'altro lato pare che sia stato tirato da una forza enorme, un piano che si è mangiato l'altro. Da una finestra sventrata si vede un accappatoio bianco. Adesso si scava anche con i trapani. Cinzia è scalza, così è stata liberata dai vigili del fuoco: «Sono stata svegliata da un calcinaccio nell'occhio, siamo corsi verso il bagno. Era pieno di detriti. Il nostro piano si era inclinato. Poi ci hanno salvati dalle finestre», dice senza riuscire a trattenere il pianto.
Invece Luigi, che è ingegnere civile, e continua a guardare quel lato afflosciato del palazzo con la rabbia di chi queste cose le studia, ha aspettato a scendere le scale e poi ha affrontato il buio: «Eravamo in quattro nella stanza. Sono stato svegliato di botto dal tremore e dal rumore di una parete che crollava, abbiamo aspettato che la scossa finisse, non so perché, forse è stata indecisione. Siamo andati verso le scale. Erano piene di detriti, li abbiamo scavalcati, siamo scesi fino al seminterrato e siamo usciti dal lato della mensa». Fuori, lontano da quei muri crollati. Vivi. Ma adesso non se ne va, come Cinzia: «Li aspetto». Michelone, Angela, quelli che sono sotto, sotto i detriti, la pioggia, la scavatrice.
Ogni tanto arrivano uomini coperti di polvere e urlano: «Correte anche di qua, ci sono persone intrappolate sotto il solaio!». L'aiuola di fronte alla casa degli studenti diventa un piccolo prato di ragazzi. Sono vestiti solo di pigiami, tute, molti non hanno le scarpe. Qui all'Aquila gli studenti sono 25mila, è la città dei ragazzi. Atri sei vengono estratti da una casa poco distante.
Anche il pronto soccorso è pieno di studenti. C'è Gioia, che è da sola, è greca, non ha parenti qui: «Mi sono crollati tre piani addosso». Abitava in un appartamento a poca distanza dalla casa maledetta degli studenti. «Sono caduta al piano di sotto sul divano - racconta da una sedia a rotelle - mi hanno salvata i cuscini duri del divano, mi hanno protetta.

È stata come una bomba, sai una bomba che svuota un palazzo, lo sventra completamente? Non so cosa ne sia della mia vicina del piano di sotto, io gli sono caduta dentro casa. Ho urlato quanto potevo, finché un signore dalla strada mi ha sentito e mi ha salvato». Un angelo. E lei fa cenno di sì, sì, lo ha pensato davvero.

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