«Noi diamo i bersagli da colpire ma l’Alleanza ci dia gli elicotteri»

BengasiPer il capo di Stato maggiore dei ribelli libici la Nato potrebbe fare di più per aiutare la rivoluzione. Il generale Abdel Fattah Younes, ex ministro dell’Interno di Moammar Gheddafi, ha abbandonato il regime nei primi giorni della rivolta. Ora è a capo delle forze ribelli, che ancora ieri sono state cacciate dalla cittadina petrolifera di Brega. Per timore di attacchi da parte dei fedelissimi del rais, il generale è costretto ogni giorno a cambiare il suo rifugio. Seduto nel piccolo salone di una villetta nei sobborghi di Bengasi, vestito in mimetica, il generale spiega al Giornale quali sono le richieste delle forze ribelli all’occidente. E racconta come, attraverso la presenza di personale occidentale Nato sul terreno, i suoi soldati siano in grado di coordinarsi con le stanze dei bottoni dell’Alleanza atlantica. La Nato ha finora sostenuto di non avere uomini in Libia.
Quali sono gli sviluppi al fronte?
«Ora il fronte è più organizzato. I ribelli sono nelle retrovie e l’esercito è in prima linea. Prima, i giovani uomini armati spinti dall’entusiasmo avanzavano rapidamente e si ritiravano rapidamente, senza un’organizzazione. E non avevano abbastanza armi. Adesso abbiamo anche le armi che erano nei depositi».
Avete ricevuto armi e sostegno militare dall’estero? Da chi?
«Alcune armi leggere stanno arrivando nel Paese da diversi luoghi».
Avete abbastanza armi?
«Ci servono almeno quelle che ha Gheddafi. Ora stiamo provando ad affrontare le sue forze non soltanto con le armi che abbiamo ma anche con persone meglio addestrate».
Siete in grado di sconfiggere le forze di Moammar Gheddafi?
«Avanziamo a seconda delle condizioni sul terreno. Occorre una robusta copertura aerea. La Nato sta facendo un buon lavoro, ma gli alleati sono lenti. Quando chiediamo di bombardare un obiettivo, gli aerei ci mettono dalle sei alle dieci ore per colpirlo».
Il contatto con la Nato è diretto?
«Certo, c’è un gruppo di persone della Nato sul terreno fuori Bengasi».
Personale occidentale?
«Sì, riportano informazioni alla leadership della Nato. Abbiamo un centro operativo che riceve informazioni dal fronte. Diamo le coordinate alla Nato e loro bombardano».
Perché non ci sono progressi delle forze ribelli sul fronte?
«Affrontare le forze ben addestrate di Gheddafi non è un compito semplice. Soltanto ora stiamo raggruppando personale dell’esercito che sa utilizzare le armi. La Nato deve darci armi che ci mettano nella condizione di affrontare Gheddafi. Attraverso il Consiglio provvisorio nazionale abbiamo chiesto a diversi Paesi europei di darci elicotteri. Non ho ancora ricevuto risposta».
Se non otterrete l’assistenza militare richiesta, pensa che il conflitto possa protrarsi a lungo?
«C’è la possibilità di una vittoria, ma con grandi perdite e assedi di città. Se la Nato agisse più velocemente e ci permettesse di utilizzare elicotteri la situazione evolverebbe in pochi giorni e questa guerra non sarebbe lunga».
Come si coordina ora l’esercito con i ribelli al fronte?
«Abbiamo check-point per controllare l’accesso al fronte. Ogni gruppo di ribelli combatte all’interno di una specifica brigata sotto il nostro controllo».


È in contatto con Tripoli? È possibile una sollevazione all’Ovest?
«Abbiamo molte informazioni da Tripoli, ma non contiamo su ciò che accade lì. Sì, ci sono state defezioni e divisioni, ma non so che impatto possano avere».

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