Noi giornalisti «luogocomunisti»

Un amico che fa l’editorialista per un quotidiano di Milano mi racconta che la scorsa settimana, dopo il pareggio dell’Inter contro il Siena, il suo direttore gli ha chiesto un pezzo sull’eterno psicodramma della squadra che ha il braccino corto quando è il momento di chiudere i conti, che non vince mai eccetera. «Gli ho risposto di no, che quell’articolo non lo avrei scritto», mi dice il collega. Gli ho chiesto il motivo del rifiuto. «È semplice», mi ha risposto: «gli ho detto di no perché l’Inter non aveva perso. Il campionato non era ancora finito. Se finirà con il perderlo, scriverò».
La risposta, di una semplicità disarmante, mi ha fatto riflettere su uno dei tanti vizi della nostra categoria: quello della sentenza anticipata. In effetti, riguardando i giornali della scorsa settimana, i titoli che già intonano il De profundis ai nerazzurri si sprecano. Corriere della Sera: «Cose da Inter». Repubblica: «Suicidio Inter». La Stampa: «Inter choc» e «Undici metri sotto il cielo». Siccome non è bello parlare solo degli altri, ci mettiamo anche noi del Giornale: «Psycho Inter», «Un campionato da squadra più pazza d’Italia». Domenica scorsa, poi, per presentare l’ultima partita, qualcuno annunciava il funerale non nascondendo un certo godimento: «Pensiero stupendo», «La banda degli onesti oggi suona a Parma» e «Cara Inter non hai scampo» (tutti e tre titoli di Libero). Visto com’è finita, mi pare abbiano fatto bene il collega che ha declinato l’invito e il suo direttore che ha lasciato perdere senza cercare un sostituto.
Il calcio, e il proclamato suicidio senza cadavere dell’Inter, sono solo un esempio. Forse perché ossessionati dalla concorrenza di mezzi più veloci nel dare le notizie (tv, radio, internet, telefonini) noi dei giornali abbiamo scelto la strategia di annunciare le notizie prima che accadano, come nel film Avvenne domani di René Clair. Così, anticipiamo gli anniversari (del quarantesimo del Sessantotto abbiamo cominciato a parlare nell’ottobre dell’anno scorso), qualche volta i coccodrilli (il tale sta morendo, pubblichiamo un ritratto così bruciamo la concorrenza) e sempre gli scenari: ecco che cosa succederà dopo il pareggio al Senato, e come sarà l’America col primo presidente nero.


Ma forse la motivazione è meno innocente. Forse più che professionisti dell’«anticipismo» lo siamo di quel «luogocomunismo» che ci porta a dar retta più ai pregiudizi che alla realtà. La quale poi a volte si diverte a smentirci. Come nel caso dell’Inter.

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