«Noi, lettori del Giornale appena ritornati dal viaggio in Terrasanta»

Caro direttore,
sono una dei 400 fortunati partecipanti al viaggio in Terrasanta organizzato dal Giornale: è stata per me una vera sorpresa, a cominciare dalle spiegazioni sempre puntuali del brillantissimo vaticanista Tornielli. La cosa che mi ha più colpita è stata l'atmosfera che si è immediatamente creata fra di noi: dal primo momento eravamo già «buoni conoscenti» e questo grazie al Giornale che era quel qualcosa di sottinteso che tutti ci univa e tutti ci legava in sentimento comune. Non mi compete fare osservazioni sulla situazione politico-sociale di Gerusalemme sulla quale ci hanno ampiamente documentato i giornalisti Foa, Caputo e Segre, però personalmente non mi porto nel cuore la nostalgia per questi luoghi, purtroppo al di là di una testimonianza concreta per la nostra fede non hanno saputo suscitare un sentimento di affezione, di simpatia e di rimpianto. Un grazie di cuore a tutti quelli che hanno contribuito a rendere possibile questa avventura.
- Milano

Lo sa, cara Rosalinda, che alla fine ho avuto l’impressione di averlo fatto anch’io questo viaggio? Non c’ero, ma è come se ci fossi stato. Scrivo queste poche parole a tarda sera, dopo aver sentito i racconti di Andrea Tornielli, Marcello Foa, Stefano Passaquindici e Maurizio Acerbi, dopo aver letto le mail che mi avete subito mandato (velocissimi, eh? Neppure il tempo di accendere il computer di casa... ). Ho davanti agli occhi due fotografie. Una me l’hanno portata i colleghi di ritorno dalla Terrasanta: si vede un gruppo immenso di volti sorridenti che spuntano tra giacconi e sciarpe. L’altra me l’ha mandata il lettore Maurizio Ghidini. C’è un giovane al muro al del pianto e una scritta: «Si è detto in Terrasanta che molti le scrivono con il seguente incipit “leggo il Giornale dal primo numero”. Sono tra questi. Mi ha fatto piacere rivedere un paese con una grande famiglia quale è la sua e la nostra». Il telefono ha squillato per tutto il pomeriggio: «Sono quello del pullman 2», «Sono quello del pullman 8»... E così alla fine, non so perché, è un po’ come se l’avessi fatto davvero anch’io questo viaggio. Sarà per gli sms che quel pellegrino (in senso buono) di Maurizio Acerbi mi mandava a ogni passaggio cruciale (cominciando, si capisce, dal caffè del mattino... ). Sarà perché mi fischiavano le orecchie per quelle volte che avete parlato di me con un affetto che vorrei essere ogni giorno capace di meritare(«ma quanti anni ha il direttore?», «ma sembra davvero così giovane?», «ma è vero che ha quattro figli?»). Sarà quel che sarà, ma io è come se l’avessi fatto con voi questo viaggio. E allora, dopo avervi ringraziati tutti, cari amici del Giornale in Terrasanta, non resta che chiederci: perché ne parliamo qui? Perché queste piccole note possono interessare anche chi in Terrasanta non c’era? Per due motivi. Uno di ordine pratico: i viaggi del Giornale funzionano alla grande e proseguono. Adesso c’è la crociera in Grecia, poi ne sono già in preparazione altri. Chi vuol partecipare sappia che ormai il ghiaccio è rotto, e la formula funziona. Il secondo motivo, meno pratico, ma più importante, è il seguente: questi viaggi ci confermano un fatto essenziale.

E cioè che fra noi del Giornale c’è qualcosa di particolare, un’unione di fondo, un legame invisibile, un senso di comunità che non è solo condivisione di una lettura. È molto di più. È il nostro «molto di più». Quello che abbiamo ricevuto come patrimonio prezioso dai nostri predecessori. E che, se permettete, fa il Giornale «molto di più» di tutti gli altri giornali.

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