Stefano Zurlo
da Milano
Lultima frontiera? «Temo che un giorno sullIsola dei famosi sbarcherà un ex terrorista. Fianco a fianco con la soubrette, il calciatore, lattore». Maurice Bignami è stato un protagonista degli anni di piombo e conosce bene il frullatore della comunicazione. Quel meccanismo che spinge molti ex di Prima linea e delle Br sulla giostra dei convegni, delle tavole rotonde, dei dibattiti e dei premi letterari. Come ora è toccato ad Adriana Faranda. «Almeno in parte questa è la legge dei media: il cattivo che si converte e diventa buono, o scrive o fa qualche cosa, calamita e attrae irresistibilmente lopinione pubblica».
Bignami, che fu uno dei capi di Prima linea, fugge con orrore il ruolo dellex. Ex di professione, specializzato nello sfogliare lalbum dei (propri) delitti. E fissa i paletti per i reduci, oggi arrampicatori. «Le sembra giustizia questa?- gli chiese Maurizio Belpietro l11 ottobre scorso nel corso del programma LAntipatico, a proposito di Sergio DElia, inerpicatosi fino allo scranno di segretario daula alla Camera. «È un problema di buonsenso - fu la sua risposta -, credo, di opportunità, non approfittare di certi spazi che la democrazia ti consente. Cè un problema di opportunità politica, credo anche di onore».
Ma non è solo questo. E ora Bignami come un palombaro scende dentro linchiostro dellideologia. «Certo, si può storcere il naso davanti alla Faranda, premiata, o a Cesare Battisti, romanziere acclamato, ma il problema più grave è un altro: è il popolo della sinistra, di una parte importante della sinistra, che giustifica questi ex e non ha mai saputo fare autocritica, si tocchi la Resistenza o gli anni Settanta. Questa sinistra in fondo si ritiene antropologicamente superiore, dunque amministra con facilità riabilitazioni, dispensa perdoni a gettone, sembra non essere scalfita dal fatto che così la pietas, il rispetto per le vittime, si affievolisce come un rantolo fino a scomparire. E questo è intollerabile».
Bignami, che ha raccontato nel romanzo Gli uomini eguali (Bietti), il tormentato rapporto col padre Torquato, il primo dirigente comunista italiano a scappare in Cecoslovacchia dopo la guerra, non si tira indietro davanti ad esempi politicamente scorretti, urticanti: «Penso ad Alberto Torregiani, il figlio del gioielliere ucciso dai Pac di Battisti nel 1979 e rimasto a sua volta su una sedia a rotelle. Battisti, finché non è scappato, faceva il conferenziere di professione, di quel ragazzo paralizzato non fregava niente a nessuno. Quando si inciampava nella sua drammatica situazione, molti alzavano le spalle: «Quel giorno fu colpito da una pallottola sparata dal padre prima di morire, se la sbrighi con la sua famiglia». Capisce? Non si considera che quel dettaglio aggiunge un altro elemento alla tragedia greca, umanamente quasi insostenibile, dei Torregiani. No, cè un popolo che è disposto a spellarsi le mani per gli ex e fa fatica a deporre un fiore sulle tombe delle loro vittime».
L11 ottobre Torregiani e Bignami si ritrovano nel salotto dellAntipatico (Rete 4). Ma Bignami chiarisce subito la sua direzione di marcia: «Voi mi avete chiamato, io sono venuto. Ecco, la dinamica deve essere questa». Stare un passo indietro, pronto a dare la mano se qualcuno lo chiede. «Purtroppo cè stata negli anni scorsi una sorta di caccia strumentale al perdono da parte degli ex. Uno sciagurato passaggio legislativo premia chi abbia tentato in qualche modo, anche senza successo, di mettersi in relazione con i parenti dei morti. E in molti ci hanno provato». Così non può essere: «Lincontro con chi ha sofferto può avvenire solo se è qualcuno dallaltra parte a chiedertelo.
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