Andrea Tornielli
da Roma
«Premetto che non intendo polemizzare con chicchessia né intervenire nel dibattito parlamentare. Fatico però a comprendere come si possano fare certe affermazioni: la Chiesa non vuole costruire uno Stato confessionale né attentare ai valori costituzionali, vuole soltanto far presente legittimamente la sua posizione». È sorpreso monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, per le parole molto dure pronunciate dal capogruppo Ds in Senato Gavino Angius, che ha parlato di «attacco al principio della laicità dello Stato», di «oscurantismo» e «repressione civile e culturale» che la Chiesa avrebbe operato con i suoi interventi degli ultimi giorni.
Angius ha criticato governo e maggioranza per la norma «che esenta la Chiesa dal pagare lIci sui suoi immobili» anche quelli adibiti a uso turistico o commerciale. Come risponde?
«Già la scorsa settimana qualche giornale aveva sollevato la questione, con inesattezze fuorvianti. In realtà lesenzione dallIci è già definita per legge fin dal 1992 e il recente decreto non fa che confermarla: non viene sottratto o scippato alcunché agli enti locali, che non hanno mai percepito questa imposta...».
Di recente però la Cassazione aveva dato uninterpretazione restrittiva della norma...
«Infatti. Secondo la Cassazione lesenzione dovrebbe esserci soltanto per gli immobili usati per le attività di religione o di culto. Il decreto legge si è limitato a ribadire, invece, quanto già previsto dalla norma di tredici anni fa, vale a dire che anche le attività di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e cultura svolte dagli enti ecclesiastici, sono esenti dallIci».
Angius parla dellesistenza di una «questione vaticana» da affrontare, ma dice che la «libera professione di una fede religiosa è e resta intangibile». Che cosa ne pensa?
«Osservo che il punto è il significato della professione di fede. Finché si tratta della professione di unopinione del tutto individuale o che investe una dimensione di carattere individualistico, tutto va bene perché con il suo manifestarsi non interloquisce con lassetto vigente, sia esso ideologico, pragmatico, relativista o scientista. Se invece la fede è lappartenenza a un popolo e per la persona credente diventa il criterio per affrontare i propri problemi personali e sociali, allora la cultura dominante sente questo intervento come uningerenza. Mi preoccupa una concezione secondo la quale i valori della libertà religiosa esistono solo se si coniugano come vuole la mentalità dominante».
Il senatore diessino ha detto che la Cei «sferra un attacco al principio costituzionale di laicità dello Stato» chiedendo agli elettori di non dare il loro voto ai candidati abortisti.
«Anche qui, mi sembra che ci sia della confusione. La Conferenza episcopale italiana non centra nulla con queste affermazioni. Al Sinodo dei vescovi, durante lora serale di libera discussione, il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che è un arcivescovo statunitense, ha posto il problema chiedendo che venga dibattuto. Dove sta lingerenza?».
Non crede che linvito a non votare i politici favorevoli allaborto abbia fatto scalpore perché letto alla luce della campagna elettorale italiana?
«Ma quellaffermazione, pronunciata a porte chiuse, durante un Sinodo, da un prelato della Curia romana, non ha nulla a che vedere con la campagna elettorale italiana. E poi mi stupisce che faccia scalpore unidea espressa con chiarezza, quasi che chi sindigna voglia sottointendere che le uniche idee chiare ce le ha lui».
Ma chi vota un candidato abortista, commette peccato?
«Non sono convinto che si possa affermare che di per sé un elettore commetta peccato votando un candidato favorevole allaborto: bisognerebbe valutare le motivazioni che lhanno spinto a farlo. Ma certamente se devo seguire la mia fede e i suoi insegnamenti sullinsopprimibile valore e dignità della vita umana, questo mi porterà a non scegliere il politico abortista, mi sembra logico. Altra cosa è il giudizio sullatteggiamento del politico cattolico che simpegni a promulgare leggi abortiste: la Congregazione per la dottrina della fede, nel 2003, ha spiegato che la legittima autonomia della sfera politica non può essere confusa con un indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali».
Angius accusa la Cei di voler costruire uno Stato confessionale, piegato alla morale esclusiva della Chiesa, in contrasto con la Costituzione.
«Semplicemente che non è così. Cè una grande differenza tra limposizione e la proposta. La Chiesa propone la sua visione e questo è un arricchimento per la società. Poi si discute e si decide nelle sedi opportune e con i metodi democratici».
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