NOI PROVINCIALI FELICI DI ESSERLO

NOI PROVINCIALI FELICI DI ESSERLO

Riassunto delle puntate precedenti. Fausto Paravidino, giovane autore teatrale e regista cresciuto fra Genova e Rocca Grimalda, fa un film che si intitola Texas, con Valeria Golino. Il film viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, in una sezione collaterale, piace moltissimo ad alcuni critici e pochissimo ad altri. E, fin qui, siamo nella normalità, non c’è nessuno spunto particolare. Lo spunto arriva quando si parla della trama del film, girato a cavallo fra la Liguria e il Basso Piemonte, dove Isola del Cantone profuma di Rocca Grimalda e Ovada. Dove Gavi e Parodi ligure sembrano il Texas, dove Novi e Serravalle sono il Far West. Dove i cow boys sono i ragazzi che tirano tardi in piazza chiedendosi cosa c’è da fare - magari come quelli di alcune famiglie-bene di Acqui Terme i cui genitori sono stati denunciati per abbandono di minore - e la sfida all’Ok Corral è quella di aspettare lo struscio del sabato pomeriggio e il saloon è la fontanella dell’unica piazza del paese.
Da questo film, da questa metafora, abbiamo iniziato un dibattito, di quelli che ci piacciono tanto. E il nostro Paolo Bertuccio, che di quel Texas è una specie di sceriffo, ha raccontato benissimo cosa significa vivere in quei posti. Ha raccontato, soprattutto, cosa significa respirare la provincia fin da piccolo. Cosa significa voler scappare dalla provincia a tutti i costi. Ma anche cosa significa tornare alla provincia e riscoprirla dopo aver visto il mondo.
Non è una discussione che riguarda solo i nostri lettori del Basso Piemonte, che pure trovano in edcola l’edizione ligure del Giornale. Perchè - salvo Genova, che i censimenti classificano comunque fra le grandi città, ai confini della metropoli - è tutta la Liguria ad essere provincia, è tutta la fascia da Ventimiglia a Ortonovo ad essere Texas. Ed è la Liguria ad avere l’orgoglio di essere tale, di provare a respirare identità.
Poi, c’è Genova. Che provincia non è. Ma che, spesso, troppo spesso, pensa da provincia. Che crede di essere New York, ma che non riesce ad assomigliare nemmeno al Texas. Che spende, nel calcio ma non solo, fiumi di parole a parlare di serie A, ma che fatica a tenere il passo in C. Che presenta gli stessi personaggi, eternamente uguali a se stessi, per qualunque carica, per qualsiasi consiglio di amministrazione, per ogni stagione.

Che emargina tutti coloro che vogliono cambiare davvero e, quando sceglie di idolatrare un foresto, sceglie puntualmente quello sbagliato.
Se solo la sua classe dirigente sapesse di essere provinciale, e ne fosse orgogliosa, Genova sarebbe una città geniale. Invece sono provinciali e si credono al centro del mondo. E Genova è quella che è.

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