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Non bastano 100 giorni per far marcire una prugna «biologica»

Non bastano 100 giorni per far marcire una prugna «biologica»

Lo ammetto. Non me la sono sentita di assaggiarle. Ma non perché temevo fossero sgradevoli al sapore. Quanto proprio perché convinto che qualcosa dentro ci sia stato infilato. Dopo tre mesi e mezzo esposte all’aria tiepida della redazione, in qualche caso sotto la linea diretta del riscaldamento, sono ancora lì. Belle come la mela di Biancaneve.
La storia delle prugne immortali nasce oltre un mese e mezzo fa, quando un lettore chiama stupito perché, dopo essersi dimenticato alcune prugne fuori dal frigorifero ed essersi assentato da casa per diversi giorni, ritrova la frutta in condizioni eccellenti. «Le prugne erano dure come uova di marmo - ricorda stupito il signor Mauro -. Ho portato il cestino in ufficio per far vedere ad altre persone l’incredibile durata di quei frutti che avevo comprato il giorno 1 settembre come assolutamente biologiche e prive di Ogm. Così recitava con caratteri ben visibili, l’etichetta Coop». Una testimonianza in sicura buona fede, che però non può essere sufficiente in assenza di altre verifiche.
Il lettore comprende e condivide l’eccesso di zelo e si offre di portare in redazione tre delle prugne avanzate. A buon peso torna al supermercato Coop di corso Europa e il 22 ottobre acquista un’altra confezione di «susine variegate it». Non sono le stesse del primo acquisto, ma sono assolutamente garantite per quanto riguarda la provenienza. Da quel momento le prugne vengono prese in consegna dalla redazione e tenute, nelle peggiori condizioni di conservazione possibile, su una scrivania in una busta di carta, insieme alla lettera di spiegazione sul primo e secondo acquisto e alla prova-scontrino.
Dal primo settembre sono passati tre mesi e mezzo. E le tre prugne immortali sono ancora lì. Qualche piccola «ruga» si è iniziata a formare su una buccia che al tatto resta però soda come il primo giorno. Per assurdo, segni di cedimento maggiori sono sulle prugne più «recenti», una delle quali era fin dal primo giorno leggermente ammaccata e quindi più facilmente deteriorabile. Ma che dopo 100 giorni esatti dalla data d’acquisto, una prugna che «non contiene Ogm» ed è presentata come «bio», cioè come prodotto assolutamente non trattato con additivi o conservanti, sia ancora integra, è un fatto che lascia spazio a qualche sospetto. Senza contare che i prodotti tanto reclamizzati proprio per la loro origine garantita come naturale al 100 per cento, sono anche quelli che in genere costano di più.


Tre mesi e mezzo di esposizione al caldo e agli agenti atmosferici sono un periodo più che sufficiente a trasformare prodotti ortofrutticoli nel miglior compost domestico. Non le prugne «bio - no Ogm» acquistate alla Coop di corso Europa il primo settembre scorso.

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