Non c'è Pacs per il governo

Sulle unioni di fatto il governo va all'ennesimo scontro: mentre i ministri Bindi e Pollastrini cercano un compromesso, Mastella chiede che la questione sia risolta in parlamento

Non c'è Pacs per il governo

Roma - Quella che si apre oggi sarà un’altra settimana nevrotica per governo e maggioranza. Dopo l’Afghanistan, su cui l’Unione si rompe a sinistra, arriva al pettine il nodo Pacs. E si rischia di perder pezzi al centro. Il governo pare intenzionato a mantenere l’impegno e a presentare un proprio ddl di regolamentazione delle unioni civili, sul quale, con la mediazione di Prodi, le ministre Pollastrini e Bindi stanno faticosamente cercando un’intesa. Avrebbe dovuto esser varato dal Consiglio dei ministri del 2 febbraio prossimo, ma si slitterà al 9. A chiedere il rinvio è stato il vicepremier D’Alema, che vuole essere presente al varo e che il 2 ha impegni internazionali che lo terranno lontano da Palazzo Chigi. Sull’Afghanistan D’Alema ha fatto la voce grossa con i dissidenti della sinistra radical, ora probabilmente proverà a farla con Clemente Mastella. Il quale ha già annunciato la propria dissociazione.
Il Guardasigilli chiede che il governo si tenga fuori dalla partita, e che sia la «libera discussione parlamentare» ad affrontarla, «senza vincoli di maggioranza». «Ma così si apre la porta a maggioranza variabili, fornendo alibi alla dissociazione dell’estrema sinistra sull’Afghanistan», avverte il capogruppo della Rosa nel pugno Villetti. «Se accade, vista la ristrettezza dei numeri del Senato, il governo si troverà vicino ad una vera e propria crisi politica».
Intanto la chiesa cattolico-romana soffia sul fuoco delle difficoltà prodiane, e i vescovi bombardano Parlamento e governo di veti e richiami. La Cei d’altronde ha un obiettivo preciso: questa settimana alla Camera si voteranno (tra mercoledì e giovedì) le mozioni sul tema presentate da vari gruppi. E l’Udeur ne ha presentata una in proprio, contro ogni cedimento sui Pacs, sulla quale conta di far convergere i voti del centrodestra e di qualche cattolico dell’Unione. E con il palese intento di mettere in difficoltà la Margherita di Rutelli, imbrigliata dall’accordo coi Ds nell’Ulivo e dal ruolo della Bindi, e di soffiarle il ruolo di portabandiera dei «valori cattolici». Col rischio che, ammette il dl Carra, quella Udeur «sia la mozione che prende più voti».
Le pressioni del centrosinistra per convincere il capogruppo Udeur Fabris a ritirarla non sono servite a nulla. Così i gruppi dell’Unione si presentano alla scadenza ognuno per sé: di fronte all’ostinazione mastelliana anche Rosa nel pugno, Rifondazione e Verdi hanno mantenuto i propri testi, decisamente favorevoli ad un pieno riconoscimento delle unioni di fatto. Mentre l’Ulivo, diviso tra Ds e cattolici ipersensibili al pressing vaticano, non ha ancora presentato un suo testo. Oggi dovrebbe essere varata la mozione ulivista, che si limiterà a trascrivere le vaghe formule di compromesso inserite nel programma di governo, le uniche che possono tenere insieme l’Ulivo. E martedì sera la questione sarà affrontata in una riunione del gruppo parlamentare, per disinnescare mal di pancia e defezioni.
La capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, ds, è drastica: «Sulle coppie di fatto non si arretra di un passo, la legge si farà». Sa bene che quando il caso verrà affrontato a Palazzo Madama, dove oltre a Mastella siedono teo-dem ruiniani come Binetti e Bobba, tenere insieme la maggioranza sarà un terno al lotto. Anche se la sinistra, dai ds al Prc, su questo tema è disponibile a non fare barricate, e ad accettare compromessi che tengano buoni i cattolici dell’Unione. Intanto da Fi Cicchitto avverte: «Il governo non faccia conto sui voti dei laici della Cdl».


La Bindi rassicura l’Udeur: «Nel ddl non ci sarà alcuna famiglia di serie B, Mastella è uno dei nostri principali interlocutori perché vogliamo raggiungere l'unità nel governo». Fassino lo ammonisce: «È giusto che il governo presenti un ddl, poi il Parlamento lo discuterà».

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