Non esiste ma c’è: è il nuovo culto dell’hi-tech

Il consumismo dei gadget è così vorace che le novità invecchiano prima di arrivare sul mercato

Quando Isaac Asimov inventò la psicostoria affidando il futuro dell’umanità a R. Daneel Olivaw era sicuro di aver previsto tutto. R. Daneel era l’androide personaggio filo conduttore dei suoi libri (e infatti R. sta per robot), e la psicostoria era lo studio matematico del comportamento delle masse. In pratica: facendo delle semplice equazioni, la storia dell’universo è già scritta. E infatti molte delle cose che usiamo oggi - computer, telefonino, televisori ultrapiatti - esistevano già sessant’anni fa nelle pagine di Asimov, solo che il grande scienziato-scrittore americano non aveva previsto una variabile molto umana che avrebbe fatto saltare i calcoli: il consumismo. Soprattutto Asimov non aveva previsto che nel corso della storia a un genio ne succede spesso un altro e che dopo Isaac Asimov, a cavallo del Ventunesimo secolo, sarebbe arrivato Steve Jobs, il capo di Apple. Il genio che della tecnologia ne ha fatto un consumo di massa, il diavolo del business, feroce e meraviglioso nel suo essere diabolico. Jobs è l’uomo a cui nessuno credeva e che oggi detta la linea, quello che ha lanciato sul mercato un lettore musicale conquistando il 90 per cento del mercato, che ha ridisegnato i computer cambiando il concetto da prestazione ad eleganza, che ha inventato un telefonino senza tasti - l’iPhone - che ora vanta più imitazioni della Settimana Enigmistica. E che soprattutto è in tasca a milioni di persone. E credendo in tutto questo, con il suo stipendio da un dollaro l’anno (stock option escluse) e il suo magnetismo, non risparmia nessuno: sopravvissuto a un cancro al pancreas e a un successivo trapianto di fegato, la prima cosa che ha fatto tornando al lavoro dopo la malattia qualche mese fa è stata quella di licenziare un membro del consiglio di amministrazione che in futuro avrebbe potuto fargli concorrenza. Ma come ha scritto Andy Groove, capo di un’altra megazienda, la Intel, «solo i paranoici sopravvivono». Così ecco che la nuova paranoia firmata Jobs finisce per sbaragliare il mondo - degli affari, dei consumi, della nostra follia quotidiana - creando il nuovo oggetto di culto: quello che ancora non esiste. Il futuro insomma corre più forte di se stesso, e la sola scommessa che mercoledì 27 gennaio Apple lancerà sul mercato una nuova generazione di computer, il tablet pc, ha prodotto una reazione a catena che ha già sconfitto le aziende rivali, i cui oggetti diventano già vecchi appena presentati. «Nexus One», ad esempio, è il nuovo anti-iPhone della Google, ma appena entrato in commercio - seppure bellissimo e potenzialmente di culto - già non se la passa bene: gli utenti sono scontenti del servizio offerto, mentre la figlia di Philip K. Dick - l’altro grande guru della fantascienza - lamenta il furto di una sigla che i cultori del ramo conoscono come la fabbrica di produzione dei replicanti del film Blade Runner. Ovvero del libro Gli androidi sognano le pecore elettriche? Quasi insomma come un futuro parallelo. E infatti: Asimov scriveva facendo calcoli matematici, Dick prendendo Lsd. Intanto, nel presente scritto da Jobs, succedono in serie avvenimenti incredibili: nessuno a Apple vi dirà mai che il tablet pc esiste, anzi negheranno che sia stato solo pensato. Eppure viaggiando su internet si trovano già nome (iSlate), descrizione (uno schermo Lcd o Oled da 10 pollici che si comanda al tatto), prezzo (circa 1.000 dollari). E mentre chi ha comprato azioni Apple nelle ultime settimane ha fatto bingo su un oggetto che nessuno ha mai visto (al Nasdaq dodici mesi fa la società californiana era quotata circa 78 dollari, ieri si aggirava intorno ai 209), perfino l’amministratore delegato di un’azienda telefonica, la Orange, ha rischiato il posto - salvato solo con una rettifica ufficiale - per aver detto che presto metterà a disposizione dei suoi clienti il nuovo Tablet. Ovvero il nulla. Il rischio di questa nuova frontiera ora è che mercoledì 27 la presentazione dell’iSlate, se davvero il nulla di oggi si chiamerà così, si trasformi in una delusione: quello che diventa reale ormai non è niente più di quello che già si sappia.

Ma siccome Steve Jobs di solito è sempre più avanti dell’ovvio, è quasi certo che presto romperà una nuova frontiera: quando la storia presenterà al mondo il prossimo genio, infatti, probabilmente non sarà altro che la sua nuova proiezione olografica. Magari con una R. davanti.

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