Non gli fanno gol da 900’. In serie B non era riuscito neanche a Buffon

Macché Buffon. Chi è Casillas? E Cech? «Il meno battuto in Europa sono io e mi viene da ridere» afferma il 34enne Michele Arcari da Annico, Cremona, «uno qualunque» che non va la domenica sera a ballare all’Hollywood, non si perde dietro alle veline, non appare sui rotocalchi scandalistici, non si presenta alto-bello-biondo-con gli occhi azzurri, uno che non fa notizia, insomma. Eppure oggi, Michele Arcari è il portiere meno battuto d’Europa grazie ai 900 minuti che da ben dieci partite vedono la porta del Brescia blindata. L’ultimo gol l’ha subito dal barese Stojan nella gara disputata al Rigamonti lo scorso 11 dicembre e da allora è partita la sfida col bulgaro Stojan Kolev (un nome nel destino del portiere bresciano) estremo difensore del Chernomorets Burgas che non subisce reti da 9 partite.
«Io vivo alla giornata», butta acqua sul fuoco Arcari. «Prima o poi un gol dovrò prenderlo, ma speriamo più poi che prima». E pensare che nella moderna cadetteria, cioè dal 2004/05 col torneo allargato a 22 squadre, Arcari si è preso il lusso di battere anche il record del suo idolo Buffon (734 minuti nel 2006/07 coi bianconeri retrocessi dopo calciopoli). «Spero non se la sia presa», afferma sorridendo, lui che è tifoso della Juve e che iniziò da bambino col mito Zoff davanti agli occhi e il fratello Giansanto, con la maglietta fuori come Le Roi Platini, che gli sparava bordate da ogni parte. Finché mamma Edera, cuore tenero, gli regalò un paio di guanti da portiere bianchi e rossi, proprio come quelli di Zoff. La Cremonese è rimasta il suo sogno infranto, ma poi il grande amore per il Brescia è scoppiato in un’amichevole del 2005 quando Arcari giocava nel Pizzighettone. Con le rondinelle esordì anche in A nel 2010, ma del grande calcio è sempre rimasto ai margini e lo era anche in questo campionato col tecnico Scienza che gli preferiva il 18enne Leali (già venduto alla Juve per 5 milioni). Ma arrivato l’integralista Calori («qui comando solo io e guai a chi discute le mie scelte»), Arcari ha avuto la chance e l’ha saputa sfruttare.

Una laurea in scienze motorie («perché nella vita non si sa mai, così ho fatto contenta mamma Edera»), la moglie Chiara sempre vicino e un amuleto in un guanto, un topino di plastica alto un dito: «Mia figlia Annina me lo ha nascosto nei guanti prima della gara di Vicenza e non me lo sono più tolto». Proprio uno qualunque.

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