Politica

«Non lascio se prima non cambio la magistratura»

Adalberto Signore

nostro inviato a Perugia

Il disappunto della scorta è tangibile. Ma Silvio Berlusconi non se ne cura. E appena entrato al Palaevangelisti di Perugia decide di regalare uno dei suoi fuori programma ai circa tremila sostenitori che sono arrivati da tutta l’Umbria. Così, appena salito sul palco perde solo un attimo a fare il verso al direttore del coro che intona l’inno di Forza Italia e poi si butta letteralmente tra la platea. Non qualche secondo, ma cinque-sei minuti buoni. Il tempo di percorrere, letteralmente sotto assedio, tutto il parterre e arriva esattamente dall’altra parte del palco. Accompagnato da un incessante «Silvio, Silvio, Silvio». Poi, tornato sul palco, racconta: «Tra di voi c’è un infiltrato. Mentre era laggiù mi si è avvicinato e mi ha detto: “Ti arresteranno, ti arresteranno, ti arresteranno”». «Tiè», chiosa con tanto di scaramantico gesto delle corna rivolto verso il basso.
Magistratura. Insomma, il giorno dopo la conclusione dell’ennesima inchiesta della Procura di Milano (pronta a chiedere un rinvio a giudizio per corruzione di teste), il premier decide di sdrammatizzare con quella che può essere letta come una battuta ma che, secondo i suoi, è invece il termometro del suo stato d’animo. Già, perché appresa la notizia, Berlusconi si sarebbe limitato a poche parole sibilline: «La solita inchiesta elettorale. C’è qualcuno che ancora sostiene che non esistono le toghe rosse?». Una battuta seguita, proprio in chiusura del comizio, da una promessa: «Non abbandonerò l’impegno politico fino a quando non avrò modificato l’assetto della magistratura». Perché, aggiunge, «troppa parte» delle procure di sinistra hanno «guardato con simpatia più l’aggressore che l’aggredito perché l’aggressore, nella loro vulgata, è una vittima della società». Conclusione riservata all’inchiesta sui diritti tv: «I giudici non condizioneranno la campagna elettorale. Non voglio dire nulla. In più, il processo si è fermato, ed è stato rinviato a dopo le elezioni».
D’Alema & Violante. Con l’ausilio del pubblico del Palaevangelisti, poi, Berlusconi si diletta con una barzelletta. Dedicata a Luciano Violante, capogruppo dei Ds alla Camera. Gli basta qualche secondo di pausa per scatenare i «buuu» e i fischi della platea. «Perché - chiede sarcastico - questo atteggiamento ostile? In fondo, Violante non ha fatto che guidare le truppe delle Procure rosse contro di noi. Un generale avversario non si tratta così...». E via con una lunga barzelletta di cui sono protagonisti Massimo D’Alema e, appunto, Violante. Che dopo aver dato fuoco (per sbaglio) con un mozzicone di sigaretta a una tanica di benzina davanti Palazzo Grazioli racconta al presidente dei Ds l’impossibile fuga dalle fiamme del premier. Morale: visto che, saltando da una finestra ai fili dell’alta tensione fino all’asta della bandiera fuori dall’ambasciata turca, Berlusconi riusciva sempre a cavarsela, alla fine lo hanno abbattuto i pompieri. E giù risate, nonostante una veloce correzione di rotta alla prime battute («scusate, mi sono scordato che c’era anche D’Alema, l’ho lasciato in barca, ora ricomincio...»).
L’Unione e Putin. Piccola polemica, poi, sulla crisi del gas. «Ironizzano sulla mia amicizia con Putin?», dice. «È miracoloso - aggiunge - che noi riusciamo ad avere solo l’8 per cento in meno di gas in meno con tutto quello che è successo. Se non era per i miei rapporti con Putin di gas non ne arrivava proprio più».
L’Unione e le tasse. Poi l’attacco al programma del centrosinistra: «L’unico numero certo è che è di 281 pagine in cui si dice tutto e il contrario di tutto». E chiosa: l’unica cosa su cui sono d’accordo è «l’assalto alle tasche dei cittadini, aumentare la pressione fiscale». Come è accaduto in Sardegna, dove «già hanno messo la patrimoniale sulla seconda casa», e in Toscana, dove il Prc «si prepara a requisire le case sfitte». E ancora: dicono «expressis verbis che vogliono reintrodurre le tasse di successione e donazione».
L’Unione e la «pancia rossa». Berlusconi torna sulla questione Tav, perché «la pancia rossa del centrosinistra ricorre a pratiche eversive e violente» per bloccare i lavori dell’alta velocità. «Rifondazione, Verdi, Pdci, no global e disobbedienti - aggiunge - sono il partito del non fare, il partito del no! Altro che fantasia al potere, noi siamo la concretezza al potere». Poi l’appello alla platea: «Volete voi che vadano al governo i Luxuria, i Caruso i no global?». E giù un coro di «Noo...». E ancora: «È stato utile essere scesi in campo dieci anni fa a difesa della libertà?». E giù un coro di «Sììì...».

«Bene, così abbiamo fatto anche noi le nostre primarie».

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