«Non mi volete al Giro? E io vi ridò il tricolore»

Conquistata a Bergamo dieci mesi fa, restituita a Roma, ieri mattina. E dire che Filippo Simeoni a Roma voleva arrivarci davvero in maglia tricolore. Ma alla fine del Giro. «Per me sarebbe stato l’atto conclusivo e sublime di un’intera carriera», dice il laziale di Sezze. Invece a Roma ci è dovuto arrivare per conto suo, ieri mattina, per riconsegnare alla federciclismo la maglia tricolore conquistata lo scorso mese di giugno, a Bergamo. «Un atto forte, una provocazione contro l’ingiustizia, un atto d’amore per il ciclismo», dice lui. Il motivo di tale reazione? Semplice: la sua squadra, la Ceramica Flaminia, non è tra quelle invitate al Giro del Centenario che scatta sabato da Venezia. A seguito di comunicati e polemiche sollevate nei giorni scorsi dai dirigenti del team, arriva il clamoroso gesto di Simeoni, che in questo modo intende protestare contro la scelta degli organizzatori di preferire squadre che hanno meno requisiti per partecipare alla corsa rosa: «È inaccettabile che il campione d’Italia non possa essere al via del più grande evento del suo Paese. Io non ho rispetto del tricolore? Io lo rispetto eccome. Lo rispetto a tal punto che l’ho riportato a chi invece non sa nemmeno cosa sia. La federazione non ha speso una sola parola per me, per il simbolo che porto sulle spalle. Significa che per loro questa maglia non ha alcun valore. Quindi, meglio restituirla. Sapete, il presidente Di Rocco era occupato, l’ho lasciata nelle mani del segretario generale Maria Cristina Gabriotti. Per me la cosa è chiusa qui».
E adesso?
«Adesso io andrò avanti a correre e la federazione, unitamente alla Rcs Sport, dovrà spiegare agli appassionati perché i valori nazionali non sono rispettati, perché i criteri di selezione sono poco chiari e privilegiano l’aspetto commerciale piuttosto che quello sportivo. Se valgono etica, storia e solidità finanziaria, ci sono altre squadre che sono dietro di noi».
Sfuma quindi il sogno di chiudere a 37 anni con il suo sesto Giro d’Italia?
«Purtroppo sì, ma io non me ne vado in punta di piedi, farei il loro gioco. Io voglio che questa cosa non scivoli via così».
Ma lei ha detto a L’Equipe, che dietro a tutto questo c’è anche lo zampino di Armstrong, con il quale ha avuto qualche problema in passato...
«No, Armstrong non c’entra assolutamente nulla, tanto è vero che la nostra squadra è stata invitata alla Sanremo e con Lance ho corso senza problemi».
Lei dice che le regole non sono chiare, ma in questo caso sono chiarissime: le formazioni di Pro Tour partecipano di diritto, più tre wild-card a discrezione degli organizzatori. Insomma, Rcs Sport potrà invitare chi vuole?
«Certo che possono farlo, ma credo che per il campione d’Italia debba avere un occhio di riguardo».
D’ora in poi correrà senza maglia tricolore?
«Esattamente».


Sa che può andare incontro a dei problemi?
«Certo che sì. Ogni volta che mi presento senza maglia, mi daranno 5mila franchi svizzeri di multa».
Potrebbero anche squalificarla...
«Che lo facciano: io non starò zitto nemmeno in quel caso».

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