Il luogo in cui sono cresciuto era una piccola cittadina chiamata Marvel Creek. A quanto pare non succedeva gran che da quelle parti, oppure nessuno se ne ricorda fuori da quel paese. La vita però andava avanti, e ciò di cui ora mi rendo conto è quanto le cose davvero non cambino. Adesso sappiamo di più rispetto a una volta, perché siamo più numerosi e riusciamo a comunicare le emozioni e le sofferenze più facilmente rispetto ai vecchi tempi. Marvel Creek era annidata lungo la sponda del Sabine \ che serpeggia lungo tutto il Texas orientale. A quel tempo cerano più alberi di oggi, e dove correvano animali selvaggi, ora il cemento e le case risplendono alla luce del sole.
La nostra piccola scuola non era niente di che, e io odiavo andarci. Mi piaceva restare a casa a leggere i libri che volevo leggere, e correre nei boschi, allora molto folti, e pescare i gamberi nei rivoletti. \ Il padre di Jesse era svelto a usare la coramella del rasoio sulle chiappe o sulla schiena del figlio per cose che i miei genitori avrebbero ritenuto trascurabili o, nel peggiore dei casi, per un torto per il quale sarebbe bastata una sgridata, senza dover ricorrere alle botte.
Io e Jesse ci divertivamo a giocare a Tarzan, e recitavamo quella parte a turno finché non decidemmo entrambi di avere quel ruolo, e finimmo così per diventare i gemelli Tarzan. La nostra era una grandiosa mitologia, scorrazzavamo nei boschi e ci arrampicavamo sugli alberi, e di sabato restavamo a casa mia a guardare Jungle Theater che, se eravamo fortunati, trasmetteva i film di Tarzan e di Jungle Jim e, se non eravamo così fortunati, la serie dei film di Bomba, The Jungle Boy.
Più o meno in quinta elementare, le dinamiche cambiarono. La povertà di Jesse cominciò a diventare un problema per alcuni bambini della scuola. Lui si portava il pranzo da casa, visto che non poteva permettersi di mangiare al bar, e tutti i vestiti che indossava provenivano dallEsercito della Salvezza. Un mattino si presentò alla lezione di storia con indosso un paio di calze con delle grandi «S» disegnate sopra che, per quanto non rappresentassero nulla, divennero immediatamente oggetto di scherno da parte di James Willeford e Ronnie Kenn. Questi due fecero notare che la «S» stava per Sardine, il che spiegava lodore di Jesse, e purtroppo mi ricordo che allora la considerai una battuta piuttosto divertente, finché non posai gli occhi sul viso inerte e bianco di Jesse, e lo vidi tremare sotto la camicia rattoppata dellEsercito della Salvezza.
Il signor Waters, il nostro insegnante, entrò e sentì parte della conversazione. Disse, «Hai delle belle calze, Jesse. Non sono in molti ad avere delle calze con i monogrammi. È un segno di raffinatezza, qualcosa che non tutti hanno qui».
Fu un sforzo apprezzabile, ma credo riuscì solo a deprimere ancor di più Jesse che appoggiò la testa sul banco e non la sollevò più per tutta la lezione, e il signor Waters non gli disse una parola. Alla fine della lezione, Jesse si alzò e uscì, e mentre io stavo andando via, il signor Waters mi afferrò per un braccio. «Quando sono entrato ti ho visto ridere. Sei suo amico da quando voi due eravate alti quanto un soldo di cacio».
«Non avevo intenzione di farlo», risposi. «Non ci ho pensato».
«Certo, be, dovresti farlo».
Quella cosa mi ferì profondamente, anche se mi vergogno di dire non abbastanza profondamente.
Non so quando capitò, ma alla fine successe, così quando Jesse veniva a trovarmi io minventavo delle cose da fare. Compiti per casa, o qualche lavoretto, il che era ridicolo, dato che, diversamente da Jesse, non dovevo occuparmi di nessuna faccenda domestica. Col tempo smise di passare da me, e così ci incontravamo nelle aule della scuola salutandoci con un cenno del capo, ma raramente scambiavamo qualche parola.
Le incessanti provocazioni e prese in giro di James e Ronnie continuavano, e quando cominciarono a interessarsi alle ragazze, divennero ancor più frequenti. E Marilyn Townsend non fu di nessun aiuto. Era una creatura giovane e attraente, e crudele come quelle come lei sapevano essere.
Un giorno, Jesse ci stupì presentandosi al bar con il suo sacchetto per il pranzo. Solitamente mangiava fuori, su un gradino, ma quella volta entrò e si mise a sedere a un tavolo da solo, e quando Marilyn passò di lì, Jesse la guardò, e quando lei ritornò col vassoio, lui si alzò in piedi e le sorrise, chiedendole gentilmente se le andava di sedersi al tavolo con lui.
Lei scoppiò a ridere. Mi ricordo quella risata ancora oggi. Era fredda come una lama di coltello e due volte più tagliente. Vidi il viso di Jesse spegnersi finché non diventò bianco, mentre lei continuava a ridere, senza nemmeno dire una parola, ma ridendo e basta, e ben presto tutte le altre persone presenti cominciarono a ridere, e Marilyn mi si avvicinò, mi guardò e, che Dio mi aiuti, vidi quegli occhi e quelle labbra, e qualunque cosa fosse a far trasalire tutti gli altri ragazzi, ebbe lo stesso effetto su di me... così scoppiai a ridere.
Jesse raccolse le proprie cose e uscì.
Fu a quel punto che James e Ronnie escogitarono un nuovo approccio. Decisero di trattare Jesse come se fosse un fantasma, come se fosse invisibile. Si aspettavano da noi lo stesso comportamento. Per non essere cattivo con Jesse, ma facendo attenzione a non tagliare i ponti con il gruppetto dei fighetti della scuola, lo evitai completamente. Ogni tanto, però, capitava che lo vedessi percorrere latrio, e le rare volte in cui parlava gli studenti facevano finta di non vederlo, oppure James se ne usciva con un commento del tipo, «Per caso avete sentito unoca fare qua qua?».
Quando Jesse mi rivolgeva la parola, se nessuno stava guardando, io annuivo. Questo continuò fino alla prima superiore, e diventò una tale abitudine che era come se Jesse non esistesse più, come se fosse davvero invisibile. Praticamente mi dimenticai di lui, anche se un giorno, durante la lezione di matematica, notai alcune righe di sangue sulla sua schiena che filtravano attraverso la camicia vecchia e logora. Suo padre e la coramella del rasoio. Jesse non sapeva da che parte girarsi.
Un pomeriggio stavo per mettermi in fila al bar quando Jesse entrò con il suo sacchetto per il pranzo. Era la prima volta che si rifaceva vivo lì dentro da quando era successo quellepisodio spiacevole con Marilyn, alcuni anni prima. Lo vidi entrare, la testa leggermente abbassata, camminando come se fosse in missione. Quando mi si avvicinò, per la prima volta dopo tanto tempo, e per nessuna ragione che riesca a spiegare, gli dissi «Ciao, Jesse».
Lui alzò lo sguardo verso di me con aria stupita e annuì, esattamente come facevo io quando lo incontravo in atrio, e continuò a camminare.
Cera un tavolo al centro del locale, che era quello che James, Ronnie e Marilyn avevano rivendicato come proprio, e mentre Jesse si avvicinava, per la prima volta dopo diverso tempo, lo videro sul serio. Forse fu la sorpresa di vedere lui e il suo sacchetto di carta in un posto in cui non entrava da un secolo. O forse loro subodorarono qualcosa. Jesse estrasse una piccola rivoltella dal sacchetto e, prima che qualcuno potesse accorgersi di quello che stava succedendo, sparò tre colpi, stendendo a terra tutti e tre. Nel bar si scatenò il putiferio, e la gente cominciò a schizzare in ogni direzione. Quanto a me, mi sentii raggelare.
Poi, come un soldato, Jesse si voltò e avanzò verso di me a passo di marcia. Mentre mi oltrepassava, girò la testa, sorrise, e disse «Ehi, Hap», dopodiché uscì. Io non riuscivo a pensare lucidamente, perché mi voltai e mincamminai nellatrio dietro di lui, e linsegnante di storia, il signor Waters, notò la pistola, gli disse qualcosa, e larma esplose un altro colpo, dopodiché Waters cadde a terra. Jesse camminò fino alla porta dingresso a due battenti, che a quellora del giorno era spalancata, uscì alla luce del sole e alzò la pistola. La sentii sparare un colpo e vidi la sua testa sobbalzare, e lui cadere a terra. Cominciarono a tremarmi le gambe, e così mi misi a sedere proprio là, nellatrio, incapace di muovermi.
Quando andarono a casa dei genitori per informarli dellaccaduto, ovvero che Marilyn era sfigurata, Ronnie ferito, e James e il signor Waters morti, li trovarono a letto: Jesse li aveva uccisi nel sonno a colpi di pistola. La coramella del rasoio giaceva lì di fronte come un serpente morto.
(©2009 Joe Lansdale.
Traduzione di Licia Vighi)