«Non può vincere l’Italia dei Caruso»

Gianandrea Zagato

da Milano

Il day after di Ignazio La Russa non è solo il presidio dell’ufficio elettorale di Alleanza nazionale, che gli autonomi hanno devastato col fuoco e ridotto a un buco nero. Il «suo» giorno dopo si declina «in cinque nuovi An Point inaugurati a Milano e nell’hinterland: cinque sedi che apriamo per una distrutta», «nella solidarietà dei milanesi, la firma della città a quell’albo da noi dedicato alle forze dell’ordine, agenti e carabinieri, che dobbiamo tutti ringraziare» e, pure, «nella scelta di aderire per primi alla manifestazione di protesta dei commercianti contro le devastazioni dei centri sociali». Impegni che il capogruppo di An alla Camera snocciola osservando quella scritta con vernice verde lasciata su un muro dello stabile che al civico 8 di corso Buenos Aires ospita la sede di An, «nessun rispetto per i fasci».
Onorevole, crede che siamo tornati agli anni Settanta quando le sedi del Msi si chiudevano col fuoco?
«Assistiamo a un esercizio di pura violenza. E la responsabilità politica ricade sui dirigenti del centrosinistra: chi ha trasformato un tranquillo sabato milanese in un mezzogiorno di fuoco sono gruppi legati alla coalizione di Romano Prodi. E non sono affatto tenuti ai margini bensì coccolati, legittimati e rafforzati. Sono gli stessi che al G8 di Genova si sono dati da fare, mentre il centrosinistra metteva nel mirino le forze dell’ordine: che, attenzione, sono state poi prosciolte nei processi».
Centrosinistra che condanna ogni atto di violenza.
«Non basta condannare. Bisogna recidere i legami. Ma il centrosinistra preferisce pagare questo prezzo politico fornendo alibi a personaggi come Francesco Caruso, il latifondista che capeggia i disobbedienti. È l’Italia che non merita di vincere. E, poi, sarebbe troppo comodo scaricare tutta la responsabilità su chi si è macchiato di questi episodi: chi era in strada con bottiglie molotov, bombe carta e bastoni vota per la coalizione di Romano Prodi. Sì, fa comodo avere i loro voti e poi c’è un aspetto altrettanto preoccupante».
Quale?
«La legittimazione di questa violenza è passata anche attraverso il vetero antifascismo dell’Anpi e di Rifondazione che hanno creato le premesse della guerriglia milanese: hanno alzato cioè un polverone su una manifestazione dell’estrema destra, di quattro ragazzotti di cui non si sarebbe accorto nessuno e che la polizia sarebbe stata in grado di controllare benissimo, come poi ha fatto. Rendere incandescente il clima è servito a far sentire altri autorizzati a usare quella manifestazione come alibi per le loro violenze, per trasformare Milano in Beirut».


Trasformazione che i milanesi non hanno certo gradito, come dimostra la rabbia di chi dava la caccia ai violenti.
«Immagini che non vogliamo strumentalizzare. Ma che sono il segno di una rabbia anche contro chi avvelena il clima elettorale: è la Milano cui affidiamo la nostra ritorsione, quella del 9 aprile».

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