(...) Quest'anno, pienamente azzeccata la scelta per la panchina con Del Neri, tecnico gagliardamente propositivo che non teme di affidarsi ai giovani che lo meritino (finora Tissone, Poli, Ziegler e Ferri, ma vedrete che all'occorrenza toccherà pure a Cacciatore, Soriano e Pozzi), i dirigenti della Sampdoria hanno avuto l'accortezza di operare pochi ma fondamentali ritocchi alla «rosa» (Semioli, Mannini, Tissone, Zauri e appunto Poli), di pieno gradimento del tecnico, in grado di permettere a Del Neri la migliore utilizzazione del tosto «4-4-2» che lo caratterizza.
Inoltre è stavolta la Sampdoria che può gestirsi ed allenarsi al meglio giocando a ritmi ebdomadari, mentre la migliore concorrenza (Inter, Juve, Milan, Fiorentina, Genoa e Roma), chiamiamola così, si dissangua in prestigiosi ma impietosi «tours de force» con tappe di tre giorni.
Ma insomma, poiché la Sampd'Oro-scudetto filò in partenza (tre vittorie e tre pareggi) a velocità minore di questa, si può azzardare che la squadra di Gigi Del Neri caratterizzata da Cassano Pazzini e Palombo valga quella di Vujadin Boskov bella di Vialli Mancini Vierchowod e sodali? Rispondo forte e chiaro: per favore non scherziamo. Quella squadra fu pazientemente costruita da Paolo Mantovani col preciso scopo di vincere prima o poi lo scudetto, tant'è che avrebbe anche potuto vincerlo sia prima del 1991 con Boskov sia dopo (terzo posto '93/'94) con Eriksson in panchina e Pagliuca Mannini Vierchowod Lombardo Jugovic Platt Evani Invernizzi Mancini e Gullit in campo e gli imberbi Bellucci e Amoruso a imparare la lezione da fuori. Questa è una bella squadra cui per vincere lo scudetto, o avere almeno la certezza di raggiungere la Champions League, mancano tre elementi fondamentali come Vierchowod Mannini e Lombardo.
Comunque, onore a Duccio Garrone - capitano d'industria le cui sostanze valgono molto di più di quelle di quel Paolo Mantovani - che ha saputo assicurarsi e preservare un direttore come Beppe Marotta che ha saputo scovare e difendere gioielli calcistici come Cassano Pazzini e Palombo consegnandoli infine alle sapienti briglie di un tecnico come Gigi Del Neri. Dopodiché, sia quel che sia in allegria. Olé!
Ramo Genoa, ecco cos'è successo. È successo prima del previsto ciò che i «cugini» scottati dal meno 22 del campionato scorso s'auguravano e gli osservatori più avveduti davano per scontato. E cioè che il Genoa, stavolta impegnato lui su tre fronti (campionato, Europa League, Coppitalia), avrebbe fatalmente finito per pagar pegno all'eccesso di impegni ravvicinati.
Il Genoa di Gian Piero Gasperini è una grande e brillante squadra finché corre a perdifiato. Se rallenta è perduto. Restiamo ai fatti: sempre grandi prestazioni di notte; due sole partite nella calura pomeridiana di Verona (Chievo) e Udine: due sconfitte. Umanamente non puoi negarti di tirare ogni tanto il fiato quando sei obbligato a giocare tre partite - e che partite! - ogni sette giorni. Succede all'Inter e alla Juve che hanno due squadre a testa di pressoché pari valore, succede al Milan alla Fiorentina alla Roma, come potrebbe non accadere al Genoa che ha non più di 16-17 autentici titolari, che difatti stanno cadendo come mosche?
Il brillante ma permaloso Gasperini non è fesso. Quando ha udito il presidente Preziosi dire «siamo più forti dell'anno scorso quando pure avevamo Milito e Thiago Motta» (quinto posto in campionato!) e una larga parte della tifoseria parlare di Champions League e addirittura vaneggiare di scudetto ha detto «fermi tutti, conosco la storia e i miei polli, se putacaso vengo eliminato in semifinale di Europa League e arrivo settimo in campionato invece di dirmi bravo mi fanno passare per lo scemo del villaggio». Gasperini ha precisato: «Voglio sapere quale obiettivo persegua la Società. Scudetto? Champion's? Uefa? Semplice parte sinistra del tabellone con valorizzazione di giovani da vendere a prezzi moltiplicati sul mercato? Poiché io qui sto da papa, mi va bene tutto: basta che si precisi l'obiettivo e mi si mettano a disposizione le forze giuste per poterlo centrare».
Da qui i mal di pancia, i malumori. Urge un bagno di chiarezza tra presidente e tecnico, subito dopo il prestigioso match di giovedì a Valencia e semmai meglio prima. Ripeto il mio convincimento: questo Genoa non può tirare a tutto, deve rapidamente scegliere per non rischiare di perdere, come s'usa volgarmente dire, dalla spina e dal tappo. Fino al mercato di gennaio, io mi accontenterei della parte sinistra del tabellone e punterei tutto sulla Coppa dell'Europa League che Gasperini, a forze piene, potrebbe anche mettere in bacheca a maggior gloria del Museo rossoblu.
P.s.: Il prato del Ferraris fa schifo. È un attentato perenne a ginocchia e caviglie. Sacrosanto l'ultimatum della Lega a Tursi: o provvedete in fretta o si va a giocare altrove. Maroni è un ottimo ministro degli Interni, ma si convinca: visto che i biglietti per lo stadio sono nominativi, la tessera del tifoso è una stronzata.
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