Ci vorrebbe, per alcuni politici italiani, un corso di galateo istituzionale. Lidea mi è venuta - lo scrivo con rammarico - dopo le recenti sortite di due protagonisti della ribalta pubblica. Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, ha definito il Consiglio superiore della magistratura «una cloaca». Umberto Bossi, leader della Lega, ha contrapposto il gesto di scherno dellindice medio alzato allinno nazionale. Lo so, le cronache parlamentari e comiziesche della Repubblica sono fitte di insulti, villanie, alloccorrenza anche minacce. Il turpiloquio di palazzo è tuttaltro che una novità. So egualmente che la sinistra si è distinta nella delegittimazione degli avversari facendo uso indecente dellinvettiva «fascista!». E poi, suggeriscono saggiamente gli esperti di anticamere ministeriali, Bossi è un leader che va accettato a scatola chiusa, con le sue intemperanze verbali e con la sua straordinaria capacità di interpretare i sentimenti della mitica «base».
Tutto vero. Ma non basta, secondo me, per far passare inosservati i sintomi dintolleranza che - non in un periodo di violente contrapposizioni ideologiche nazionali e internazionali, ma nel colmo di una crisi economica mondiale - percorrono il palazzo. Non è obbligatorio, e forse nemmeno troppo utile, insistere sul tanto invocato dialogo. Ma proprio perché la leggenda del Cavaliere nero è finita, proprio perché la stagione dellinstabilità è alle nostre spalle, proprio perché lItalia ha un governo, e il governo un programma, i toni beceri sono fuori luogo: pur se seguiti dalla rituale attenuazione o rettifica che serve soltanto a sottolineare il primo impatto mediatico.
Le critiche alle deviazioni della magistratura sono ovvie al punto che le ha fatte sue il presidente Napolitano, deplorando il gusto di certe toghe per la spettacolarizzazione dei processi.
Ma la fogna è unaltra e una brutta cosa. Lallergia padana di Bossi al greve centralismo romano può essere condivisa, purché non trascenda nelloltraggio ai simboli dellunità nazionale. Sembra a volte che esponenti della maggioranza dimentichino di esserlo: ossia di avere il diritto e il dovere di gestire il Paese.
Mario Cervi
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