Uno è Speciale, l’altro è il trionfo della normalità. Uno festeggia la vittoria della Champions scappandosene solo soletto negli spogliatoi, l’altro prende in mano il microfono e fa cantare tutto San Siro. Uno riempie le pagine di giornali pure quando non parla, l’altro è un equilibrista dal freno a mano sempre tirato: «zero titoli», ma giornalisticamente parlando. Sul piano dialettico, Mourinho contro Ancelotti è una sfida impari. Il portoghese ha già stravinto. Sul campo, però, sarà ben diverso.
«Arriviamo bene a questa partita - attacca Carletto -, abbiamo giocato molto bene sia la gara di andata contro l’Inter sia sabato contro il West Ham. Non avremo l’ossessione del gol. Questa è una squadra che segna con regolarità, contro l’Inter sarà piuttosto importante difendere bene». Ancelotti parte dietro e pensa alla difesa, Mourinho scatta dalla pole-position e va all’attacco: «Siamo matematicamente davanti ed anche psicologicamente è molto meglio iniziare il ritorno con un vantaggio». Oggi più che mai il portoghese avrà tutti gli occhi su di sé. È l’eroe che torna in patria: per rientrare in Italia da vincente giocherà anche su questo. «È come tornare a casa, questa è casa mia», dice. «Per lui sarà una notte speciale, ma non credo che i nostri giocatori saranno distratti dal suo ritorno», tranquillizza Ancelotti, sottovalutando un poco il carisma di Mourinho. A fine partita, comunque, si troveranno negli spogliatoi per bere un bicchiere di vino. «A prescindere dal risultato», smorza Carletto; «Ho portato io una bottiglia di uno dei migliori vini del mio paese», rincara Mourinho. Speciale pure come enologo. Chissà a cosa brinderanno. José magari lo farà pensando al suo StellOne. Petr Cech, infatti è ancora infortunato. Ancelotti all’andata giocò metà partita con il secondo portiere, Hilario. Oggi dovrà farlo con il terzo, Turnbull, la barzelletta londinese, di lui dicono che si sia scordato le mani a Middlesbrough. «Abbiamo fiducia in questo ragazzo. Ha qualità e personalità, l’assenza di Cech non ci condizionerà, dobbiamo pensare come una squadra», sottolinea Carletto. Mourinho invoca la scaramanzia, ma sotto sotto se la ride. «Pensavo che per Cech fosse possibile un miracolo dell’ultimo momento, non sarebbe stata la prima volta: non è successo. Però con il Chelsea ho giocato contro il Barcellona con il terzo portiere: abbiamo portato a casa una vittoria e un pareggio», dice, forse un po’ dispiaciuto per il forfait di Hilario: ai tempi di Stamford Bridge, pare fosse la sua spia all’interno dello spogliatoio blues.
Per un Turnbull che gioca, un Balotelli che Londra la vedrà soltanto dal televisore. «Non parlo di chi non è convocato», taglia corto José, «Un bel giocatore, vorrei allenarlo» ribatte Ancelotti, prendendosi una piccola rivincita sul portoghese.
Strano a dirsi, ma comunque vada, Ancelotti, potrebbe dare una piccola mano al Milan: se l’Inter andasse avanti in Europa, perderebbe concentrazione in campionato, dicono alcuni; se uscisse dalla Champions, il contraccolpo psicologico sarebbe letale, argomentano altri. Sarà. Intanto mentre Ancelotti lancia il sasso e nasconde la mano, «Non vogliamo pensare alla flessione dell’Inter. Noi piuttosto preferiamo concentrarci sulle qualità e la forza che i nerazzurri hanno dimostrato durante tutta la stagione. E la partita contro il Chelsea per loro potrà anche essere l’occasione per il pronto riscatto», Mourinho si tiene in mano il sasso, ma provoca comunque un maremoto. Di polemiche. «Non parlo di campionato, perché questa è Champions. Tutti noi sappiamo quello che è successo, sappiamo qual è la ragione per cui la situazione è cambiata». In verità, la ragione la conosce solo Mourinho: «Però se parlo, saranno sicuramente più di tre le partite che farei in tribuna di nuovo. Sappiamo in che modo alcune squadre hanno fatto punti e altre ne hanno persi». E questo sarebbe abbassare i toni? Certo, se Mourinho è lo Special One è soprattutto grazie a questo. Assordante pure quando tace.
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