Politica

Non sopporta la bocciatura: studente si butta dal balcone

Un 17enne romano tenta il suicidio: è grave. A Palermo trovata in un dirupo una ragazza scappata di casa dopo aver saputo i risultati

Alessia Marani

da Roma

Essere bocciati e voler farla finita. Incapaci di reagire alla delusione del fallimento, impauriti forse dalla reazione dei genitori. È successo ieri a un ragazzo di Roma e a una ragazza di Palermo. In comune hanno l’età, diciassette anni, e quel «respinto» o «non ammesso», quella scritta sui cartelloni affissi in bacheca che li ha abbattuti fino ai limiti più impensabili. Lui si è buttato dal balcone al secondo piano della sua abitazione di via Torre Gaia, nel popoloso quartiere di Giardinetti, periferia est di Roma. Si è salvato solo perché ha urtato nel suo volo contro un terrazzino al piano terra del palazzo in cui risiede con la famiglia e perché, in un estremo istinto di sopravvivenza, ha messo le mani avanti, evitando di sbattere la testa. Risultato: entrambi i polsi fratturati, un polmone perforato da una costola, un braccio e le vertebre rotte. Lei, invece, è scappata lasciando intendere di volersi ammazzare, ma fortunatamente la polizia l’ha ritrovata in tempo, smarrita ed impaurita vicino a un crepaccio. Due gesti incredibili, anche se il ragazzo avrebbe giurato in serata al papà di «avere perso l’equilibrio» sporgendosi dalla ringhiera. Due gesti che arrivano una settimana dopo la morte di Daniele, 15enne di Marsala (Trapani), stroncato da un infarto appena appreso di essere stato respinto dopo una furiosa discussione con i professori.
Che non fosse stato ammesso in III classe, il ragazzo romano lo sapeva fin da sabato mattina quando sulle vetrate d’ingresso del liceo statale «Amaldi» erano stati esposti i quadri. A comunicarglielo per telefono un compagno. Quel «segreto» l’adolescente l’aveva tenuto per sé. Domenica aveva incassato il «bravo» dei nonni, mamma Maria Rosaria e papà Mauro, dirigente della Camera dei deputati, ieri mattina erano già pronti per andare tutti assieme a scuola e vedere i voti. «Fino alla sera prima - racconta il padre - nostro figlio sembrava tranquillo. Avevamo festeggiato a cena. Invece, dentro di sé deve avere passato le pene dell’inferno. Alla fine non ha retto». Ha le lacrime agli occhi mamma Maria Rosaria: «Se solo avessimo saputo, avremmo potuto parlargli, stargli vicino». La scuola sostiene di aver spedito il 15 giugno la lettera per comunicare ai genitori la bocciatura del figlio. Probabilmente, però, il ragazzo l’aveva «intercettata». Per il sociologo Franco Ferrarotti spiegazioni vanno ricercate anche nella mancanza di un rapporto sereno e di fiducia tra insegnanti e alunni. «Spesso gli stessi professori - afferma - appaiono demotivati, frustrati e di conseguenza i ragazzi si sentono abbandonati. E la notizia da dovere portare a casa, quella della bocciatura, appare un ostacolo insormontabile». Lo studente non aveva davvero brillato durante l’intero anno scolastico. «Sia io che mia moglie - ha detto il padre - lavoriamo. Mio figlio ci aveva detto che le cose stavano migliorando. Ora sta meglio e ribadisce che si è sentito male, che ha avuto un giramento di testa ed è caduto giù. Non escludiamo un malore - continua -. Non diamo la colpa a nessuno e andremo avanti per capire quello che è successo. Abbiamo parlato con il preside del liceo e con lui approfondiremo la storia e il trascorso scolastico di mio figlio». A dieci anni esatti dall’abolizione dei tanto temuti esami di «riparazione» il 94 per cento degli alunni delle superiori in Italia viene promosso.

Troppo duro per gli altri dovere ammettere di essere stati tra i pochi a non avercela fatta.

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