Non uccideranno il Papa ma in Vaticano c'è una guerra santa

Dentro la Santa Sede è in atto un regolamento di conti tra porporati. Che però ha come vittima Benedetto XVI

Non uccideranno il Papa ma in Vaticano c'è una guerra santa
Il cardinale colombiano Darío Ca­strillón Hoyos «non parla coi giornali­sti» dice il suo segretario personale. A parlare, infatti, è l’appunto «confi­denziale» che l’ex prefetto del Clero ha inviato il 30 dicembre scorso al Pa­pa e che ieri il Fatto quotidiano ha pubblicato per intero.L’appunto «au­tentico», nel senso che effettivamen­te è arrivato sui tavoli della segreteria di Stato vaticana, riguarda la possibi­lit­à di un complotto delittuoso per eli­minare Benedetto XVI. Un complot­to sul quale il cardinale arcivescovo di Palermo,Paolo Romeo –ex nunzio in Italia – si sarebbe soffermato con dovizia di particolari in un suo recen­te viaggio a Pechino nel novembre 2011. Qui Romeo avrebbe

parlato con alcuni interlocutori cinesi–sidicesoprattuttoconilcar­dinale salesiano Joseph Zen Ze­kiun, vescovo emerito di Hong Kong, anche se Romeo ha ieri di­chiarato: «Non ho detto quelle co­se » – della possibilità che Papa Ra­t­zinger muoia entro un anno e della possibilità che il suo successore sia il cardinale italiano Angelo Scola, già patriarca di Venezia e da pochi mesi nuovo arcivescovo di Milano. In realtà, secondo fonti interne, il convincimentodiCastrillónsecon­do cui il Papa rischia la vita nasce da una vicenda ben nota in Vaticano e mai uscita in precedenza: nel 2005 un cittadino austriaco, poi identifi­cato, si avvicinò al Papa nella basili­ca vaticana con in mano un coltel­lo. Arrivò fino a venti metri da lui. Venne fermato, ma da quel giorno le guardie svizzere e la gendarme­ria vaticana fecero salire la soglia di allerta perché, si disse di lì in avanti dentro la curia romana, «il Papa po­trebbe morire». «Potrebbe mori­re », esattamente le stesse parole che Romeo avrebbe pronunciato in Cina.

Anche se Castrillón non è nuovo a uscite del genere –nel 2009 spinse perché Papa Ratzinger concedesse la revoca della scomunica al vesco­vo lefebvriano negazionista sulla Shoah Richard Williamson, convin­cendo il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone con queste paro­le: «È malato, sta morendo, faccia­mogli un regalo »–,e anche se Paolo Romeo è noto nei Sacri Palazzi per una certa attitudine a vedere com­plotti – nel 2006 provò a ordirne lui uno contro il Papa. Convinto che non spettasse al Pontefice l’elezio­ne del successore del cardinale Ca­millo Ruini alla guida della Cei, in­disse una consultazione epistolare tra tutti i vescovi italiani perché indi­cassero il successore, col risultato che il Papa riconfermò Ruini per un ulteriore anno: resta il fatto che di questi giorni la Santa Sede ad altro non assomiglia se non a un groviera dai cui buchi esce, non senza qual­cuno che ve lo spinga, di tutto. L’impressione è che dentro la Santa Sede stia avvenendo un rego­lamento di conti la cui prima vitti­ma è il Papa. Un regolamento di conti tra chi? Non è un mistero per nessuno che la nuova leva a cui è af­fidata la governance del Vaticano, Bertone e i suoi uomini, dia fastidio alla vecchia guardia, a coloro che con Giovanni Paolo II avevano in mano la segreteria di Stato. Romeo, non a caso, è amico fidato del deca­no del collegio cardinalizio Angelo Sodano (scrisse Sandro Magister: «Con il cardinale Angelo Sodano se­gretario d­i Stato Romeo aveva un le­game strettissimo. Non erano buo­ni, invece, i suoi rapporti con il presi­dente della Cei, il cardinale Camillo Ruini»),fidato tanto quanto il cardi­nale Agostino Cacciavillan, ex nun­zio a Washington, il quale mesi fa si è speso personalmente sconsiglian­do­alPapal’allontanamentodell’at­tuale nunzio negli States monsi­gnor Carlo Maria Viganò. È que­st’ultimo, nei giorni scorsi, a essere assurto all’onore delle cronache per aver accusato Bertone di non aver voluto fare piazza pulita della «corruzione»esistentedentroilVa­ticano.

Sodano, Cacciavillan, Viganò, Romeo: sono queste le eminenze ed eccellenze che lavorano nell’om­bra contro Bertone lasciando che lettere anonime escano dalle mura leonine verso alcune redazioni di tv equotidiani? Troppoarditosintetiz­zare in questo modo. Filippo Di Gia­como, canonista ed editorialista, esce dalle logiche della battaglia in­terna e la fa più spiccia: «Il docu­mento Castrillón, come le recenti lettere di Viganò al Papa e a Berto­ne, scoperchiano un problema che parte da lontano. È dal 1985, da quando la parabola del cardinale Agostino Casaroli è iniziata a sce­mare (Casaroli lasciò l’incarico di segretario di Stato nel 1990) che in Vaticano sono state prese a lavora­re, soprattutto nelle seconde e terze linee, personeletteralmenteraccat­tate per strada. Nel 1985 divenne presidente della Pontificia accade­mia ecclesiastica monsignor Justin Francio Rigali, con lui le leve della diplomazia d’oltretevere sono sta­te assunte per cooptazione: più che una scuola, è diventata un “clubbi­no”. L’internazionalizzazione, poi, ha portato in Curia il peggio del Vec­chio e Nuovo Mondo, preti che nel­le chiese delle loro patrie servivano a poco o niente. Il deficit di manage­ment è evidente. Oggi i nodi vengo­no al pettine. Se certe lettere escono dalVaticanoefinisconosuigiornali è perché dentro vi lavorano preti che, per formazione sacerdotale e preparazione professionale, sono tra i meno qualificati dell’intera chiesa cattolica».

Secondo il documento Castril­lón, tuttavia,c’è di più del semplice deficitdimanagement. DiceCastril­lón che «il rapporto tra il Papa e il se­gretario di Stato Bertone sarebbe molto conflittuale» e che «in segre­to il Santo Padre si starebbe occu­pando della sua successione e avrebbe già scelto il cardinale Scola come idoneo candidato, perché più vicino alla sua personalità».An­ch­e se è difficile sostenere la veridi­cità di un simile assunto, resta il fat­to che è normale per un Pontefice pensare al suo successore e organiz­zare un collegio cardinalizio che in qualche modo possa seguire le sue aspettative. Come è del tutto logico affermare che la pubblicazione di un documento del genere bruci, più che avvalorare, le possibilità di Scola di salire al soglio di Pietro. Fer­mo restando il fatto che ogni Con­clave è storia a sé.

Tutto,dunque,può accadere.Lu­cio-Brunelli e Alver Metalli in un Va­tican thriller uscito di recente e inti­tolato «Il giorno del giudizio» parla­no addirittura di un Conclave al quale, dopo un attentato terroristi­cochedistruggeilVaticano, parteci­pano solo tre cardinali: un cinese, un filippino e un colombiano.

Il do­cumento pubblicato dal Fatto , in fondo, più che a una vera trama di complotto assomiglia molto a una spy story alla Dan Brown: Romeo, ex nunzio nelle Filippine,rivela l’uc­cisione del Papa a un cardinale cine­se. Ogni cosa viene riferita in Vatic­a­no da un porporato colombiano.

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