Roma

«Non è vero ma... » La superstizione secondo i De Filippo

«Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male» soleva dire il grande Eduardo De Filippo, riferendosi a quell’universo pittoresco che ruota intorno ai misteri dell’oltremondo, sviscerato anche da Peppino in «Non è vero ma ci credo». Una commedia che andò in scena per la prima volta nel lontano 1941 e fu uno dei più grandi successi dei fratelli De Filippo: Eduardo, Peppino e Titina, infatti, la interpretarono insieme.
Oggi, con Luigi nelle vesti di regista e protagonista, si perpetua la tradizione familiare e torna alla ribalta la vicenda di Gervasio Savastano, un ricco industriale napoletano prigioniero della superstizione, che assume o licenzia i dipendenti portatori inconsapevoli di bene o di male.
Succube d’ossessive suggestioni, il protagonista si affiderà a un giovane molto preparato, ma resosi simpatico soprattutto per la sua gobba fortunatissima.
Tuttavia la sorte, non curante d’imperfezioni fisiche, riserverà all’incredulo commendatore una serie di comiche e divertenti disavventure, fino ad arrivare ad un finale davvero a sorpresa.
Un teatro che mette in scena la quotidiana commedia umana, eleggendo Napoli come metafora del riso e del dolore degli uomini, con i suoi personaggi straordinari, con i suoi riti e con i suoi usi inveterati. Il cuore di questa commedia è appunto la superstizione, fede e consolazione, speranza e semplificazione dei tanti guai quotidiani.


Lo spettacolo va in scena da questa sera e fino al prossimo 7 maggio presso il Teatro Quirino.

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