La nonnina samurai che fa volare i parà della Folgore

nostro inviato

a Rosignano

Risalendo la Maremma, il Giro offre le più diverse opportunità paesaggistico-culturali. C'è la riserva dell'Uccellina, popolata da tante specie animali. C'è la riserva di Capalbio, popolata dal bestiario della più sciccosa politica romana (periodicamente, qui è possibile assistere al rito dei coniugi Palombelli che si leccano le ferite elettorali). Eppure, nonostante tutte queste occasioni di interessante osservazione naturalistica, preferisco tirare dritto e arrivare fino a Rosignano. C'è una pausa caffè che non mancherei per nessuna ragione al mondo: ad attendermi con sorriso candido di bimba, la nonnina giapponese Keiko Wakabayashy, 76 anni, un metro e mezzo di delicatezza, terrificante macchina da guerra.
Conobbi questa signora d'oriente qualche anno fa, sempre vagando in giro per storie d'Italia, quella volta senza Giro. La sua originalità? Mica niente: alla sua bella età, con i modi cortesi di una donnina innocente, insegnava le arti marziali ai nostri paracadutisti della «Folgore», nella caserma di Livorno. Da non credere. Difatti, faticavo a credere. Ma dopo un lungo racconto, mi dovetti inchinare all'evidenza.
A qualche anno di distanza, mi ripresento per un veloce aggiornamento della vicenda. La signora Keiko, in attesa del cappuccino digestivo dopo pranzo, si fa aiutare dal nipote Noriuki nella traduzione. Racconta che la sua vita non è cambiata: l'attività professionale, soltanto, si è un poco ampliata. «Quando i ragazzi della “Folgore” sono in Italia, vado ancora in caserma. Ma ultimamente le missioni li portano spesso lontano. Allora insegno ai loro ufficiali in una palestra di Cecina. Rispetto agli inizi, non insegno soltanto l'aikido. Ho aggiunto anche lo jujutsu. L'aikido è un'arte puramente difensiva, lo jujutsu è più propriamente di combattimento. Per un soldato, mi sembra molto importante. L'aikido lo insegno anche ai bambini di Rosignano, è più indicato. Sarebbe utile pure alle donne, in questo periodo di aggressioni, perché sfrutta molto l'energia di chi assale: più è potente, più è facile farlo volare. Ma purtroppo le ragazze italiane pensano ancora alla palestra come luogo di cura estetica...».
Discorsi da generale Patton, pronunciate da una gracilissima miniatura umana. Vista così, qualunque borseggiatore potrebbe pensare che depredarla sia un gioco da ragazzi. Ma il tragico abbaglio durerebbe lo spazio fulmineo di un secondo: volando sopra una siepe, l'improvvido borseggiatore capirebbe subito quanto sia importante valutare bene le prede. Nonna Keiko è in grado di lanciare oltre le siepi soldatoni di uno e novanta d'altezza, per centoventi chili di peso. Raccontandomi le sue lezioni, ride di quel tipico riso giapponese che sa di infantile: «Mi piace troppo farli volare. Ma la cosa più importante è che imparino bene. Il loro comandante, il generale Vanini, nel 2001 mi ha chiamata per questo...».
La signora è al servizio dell'esercito italiano da quell'anno. Sul nostro suolo aveva messo piede pochi mesi prima, nel 2000. Fino ad allora, aveva soltanto sognato il nostro Paese. L'aveva sognato per tutta la vita, perché prima d'essere una macchina da guerra era una grande cantante lirica, in Giappone. Dopo aver calcato tutti i più grandi palcoscenici di casa, cullava l'idea di esibirsi nella terra della musica e del canto. Per facilitarsi l'emigrazione, intorno ai trent'anni pensò bene di frequentare un grande maestro di arti marziali, il sommo Ueshiba Kisshomaru. Imparò tutto dell'antica cultura samurai: bastone, spada, mani libere (semplifico per evitare i nomi originali, da capogiro). Ricorda oggi l'allieva di allora: «Sapevo che in Europa le arti marziali hanno un certo credito: pensai che impararle si sarebbe rivelato utile per trovare lavoro». Negli anni Ottanta mandò in avanscoperta la figlia, che scelse di posizionarsi qui, sulla collina di Rosignano, dove alita la brezza di mare. Lei non venne subito per restare vicina all'anziana mamma. Ma quando il Paradiso la chiamò, Keiko partì. Un giorno, in una palestra di Cecina, il generale Vanini la vide all'opera e le chiese una consulenza. Lei chinò il capo dolcemente, con le mani giunte sul petto, e disse sì, vediamo che si può fare.
Da otto anni è maestra di paracadutisti. Soprattutto è una signora felice, che vive la terza età ignorandola completamente. Rispetto alle previsioni di gioventù, meno canto e più lanci di paracadutisti. Ma non ne fa un problema: continua a cantare e a suonare il piano nel silenzio della sua casa, circondata dai suoi gatti, tra una palestra e l'altra. Mi ripete che bel canto e arti marziali si somigliano e si completano, perché richiedono lo stesso controllo, la stessa disciplina, la stessa tecnica di respirazione, fondendosi in una sola armonia. Dico sì, anche se fatico a capire.
A novembre la nonna samurai compirà 77 anni. Per noi, l'età dei giardinetti. Lei, facendosi tastare dorsali e addominali d'acciaio, dichiara relativo il peso del tempo.

Salutandola in un nuovo arrivederci, le chiedo se si sia almeno fissata un limite per la pensione. Sempre con lo stesso sorriso di bambina, mi manda amabilmente al diavolo: «Continuerò fino all'ultimo giorno. Far volare paracadutisti è un divertimento che tiene giovani...».

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