Il Nordest licenzia Calearo: vada pure nel Pd

nostro inviato a Vicenza

I primi messaggini sono circolati verso le otto dell'altra sera, due ore dopo che la candidatura di Massimo Calearo nel Pd era stata ufficializzata da Walter Veltroni. E non erano teneri con il presidente di Federmeccanica e degli industriali di Vicenza. Questo l'ha spedito Paolo Trovò, fino a poche settimane fa presidente della piccola industria veneta: «Vedo positivamente la candidatura di Calearo nel Pd. Per due motivi: primo perché non sarà un vice della Marcegaglia e così ne guadagna Confindustria. Secondo perché il Pd finché arruola personaggi del genere lavora a favore del Pdl. Saluti».
Sms, telefonate, mail, tutte firmate da industriali del Nordest, tutte di protesta. Il sogno veltroniano di «un grande patto fra produttori e lavoratori» per ora è un miraggio, perché i produttori sono rimasti di sasso. Calearo non ha mai votato a sinistra, la suoneria del suo telefonino (come ha riferito Dagospia) era l'inno di Forza Italia. Nelle interviste esaltava Berlusconi: «Ha una marcia in più e fantasia da vendere». In estate, al Meeting di Rimini, aveva sposato le tesi leghiste dello sciopero fiscale: «Uno choc utile, le tasse hanno raggiunto livelli insostenibili». Si è sempre lamentato che in Italia si lavora poco e nel braccio di ferro con la Fiom per il contratto dei metalmeccanici si era guadagnato la fama di duro, oltre che la scorta.
Ed ecco che l'uomo delle antenne di Isola Vicentina trova a sinistra un posto in Parlamento (e uno da ministro, in caso di vittoria). Andrea Riello, presidente degli industriali veneti, è sconcertato: «Trovo giusto che gli imprenditori si impegnino nella società civile, ma chi ha cariche in Confindustria dovrebbe stare attento ai tempi e ai modi. Gli imprenditori non dovrebbero farsi strumentalizzare. Gli faccio gli auguri, anche se sono rammaricato dalla situazione che lascia a Vicenza».
Situazione delicata. Dodici mesi fa, al termine dei quattro anni come presidente di Assindustria Vicenza (la terza in Italia), aveva chiesto una proroga di altri due per trovare un successore. Invece che unirli, la sua mediazione ha spaccato a metà gli imprenditori vicentini, divisi tra due candidati che hanno esattamente lo stesso numero di voti. La scorsa settimana, improvvisamente, Calearo ha dato le dimissioni lasciando l'associazione senza guida. Fatalità, era il giorno in cui cominciava a girare la voce della candidatura. Adamo Dalla Fontana, uno dei vicepresidenti e fino a non molto tempo fa in lizza per succedergli, mastica amaro: «Al di là delle simpatie politiche, il modo con cui ha lasciato l'associazione non mi trova affatto d'accordo. Alla luce della sua scelta politica, la spiegazione delle dimissioni tiene poco».
In Turchia per lavoro, Nicola Tognana tace. Quattro anni fa era il grande antagonista di Montezemolo nella corsa per la guida di Confindustria e perse perché Calearo gli tolse l'appoggio promesso. «Qui lo conosciamo bene - dice Trovò - è ambizioso, narcisista e veloce a saltare il fosso. Visto che in Confindustria era chiuso e che a Vicenza rischiava di finir male, si è buttato in politica. Non so dirle quante telefonate di protesta ho ricevuto io da colleghi imprenditori. Si ricordano tutti il suo duetto dell'anno scorso a Ballarò con D'Alema, quando se ne dissero di tutti i colori. In Federmeccanica ha sparato a zero contro i sindacati, e ha fatto bene, ma era partito con un'offerta di 60/70 euro mentre dopo due settimane ha firmato l'accordo a 127. Poteva negoziare molto meglio, invece ha calato le braghe facendo gli interessi dei grandi: forse la Fiat può permettersi quelle somme, non certo i piccoli industriali del Nordest».
Prenderà voti Calearo? «Non credo che riuscirà a convincermi», dice Dalla Fontana. Il governatore veneto Giancarlo Galan rievoca «le prime due file dell'assemblea di Confindustria a Vicenza due anni fa in cui erano seduti quelli che facevano campagna elettorale per Prodi, tra cui Calearo. Dietro però c'erano quattromila industriali che facevano esattamente il contrario dei loro capi». Trovò si rammarica che «ne vada di mezzo il sistema confindustriale». Prende le distanze anche Alberto Toffolutti, industriale meccanico e presidente dei piccoli imprenditori di Udine: «Quella di Calearo è una scelta personale che mi sorprende molto ma non ha niente a che fare con Federmeccanica».

Renato Pierin, piccolo imprenditore di Vicenza, si dice «schifato»: «Mi vergogno di essere concittadino del delfino montezemoliano, che ha messo il suo nome visto che Montezemolo ha presumibilmente capito che rischiava grosso a metterci direttamente la faccia».

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