«La nostra cucina? È una provocazione»

L'uomo simbolo della regione: «Dalle montagne alla laguna: a tavola nessuno regge il confronto»

Raffaele Alajmo, 47 anni, padovano doc, fratello di Max (lo chef tristellato più giovane al mondo) e figlio d'arte, è l'a.d. del gruppo che a parte lo splendido Caffé Stern a Parigi, di gran successo è uno dei simboli del Veneto goloso. Tre locali a Sarmeola (il mitico Le Calandre, il bistrot Il Calandrino, la dispensa In.gredienti), due a Selvazzano (il ristorante La Montecchia, il bistrot ABC) e tre a Venezia (lo storico Quadri in piazza San Marco, diviso tra il ristorante stellato, un bistrot ABC e il GranCaffè). Venetissimo, è la persona giusta per fare il quadro della rinascita della regione.Alajmo, è sorpreso dal momento d'oro per la ristorazione veneta?«No, perché da un paio d'anni sono stati fatti investimenti importanti nel settore, in particolare a Venezia. Ora è una città ricca di buoni locali ben più che in passato, fermo restando che è veneta solo per la geografia: è il mondo visto con una piccola lente d'ingrandimento». Allora parliamo di tutto ciò che non è Venezia.«C'è un gran traffico di camion e per noi vuol dire ripresa. Il Nord-Est è cambiato, le aziende sono diverse ma è tornata la voglia di crescere. E nella crescita, i ristoranti e i locali in genere sono un barometro fondamentale. Il mio caro amico Nicola Bardelle, purtroppo scomparso (ndr, stilista, fondatore di Jacob Cohen), diceva sempre che il made in Veneto era fatto di aziende leader, poco conosciute, e manager bravissimi. Ha ragione, è così anche per il mondo della cucina». Come affrontate il tema della cucina veneta?«A Le Calandre dobbiamo rappresentare l'Italia al meglio, senza laccioli regionali, quindi il problema non si pone. A Venezia, al contrario, cerchiamo di esaltare al massimo la tipicità locale, a partire dal pesce di mare. A Montecchia ci sono molti piatti padovani e vegetali. In ogni caso, a Max piace molto rivedere la cucina tradizionale e attualizzarla, senza perdere la storia del piatto. Uno dei nostri signature dish è il Cappuccino di seppia al nero, che trasforma le seppie al nero della cucina di mare. Come il fegato alla veneziana al Quadri è fegatini e cuore di pollo alla veneziana, serviti con polentina di ceci. Detto questo, mi permette una precisazione?».Prego.«Dire cucina veneta è una provocazione. Siamo la regione più eclettica d'Italia, con montagne come la Marmolada, colline favolose, una pianura che dà anche il riso, la laguna, il delta del Po e il Garda veronese. Da qui una serie di cucine molto diverse e ugualmente importanti, che non temono confronti con tutte le altre». Preso atto. Quindi il futuro delle cucine venete?«C'è tanto interesse, per i giovani veneti o quelli che vengono c'è la possibilità di farsi le ossa e diventare bravi cuochi o uomini di sala. Altra storia è aprire un locale, attività tra le più complesse, soprattutto da noi».

I due piatti veneti, imperdibili per Raf Alajmo«Il fegato alla veneziana, preparato da Arrigo Cipriani, e il baccalà alla vicentina: mi piaceva da impazzire quello di mio nonno ma anche la ricetta di mia madre Rita (ndr, cuoca stellata Michelin nel '92) è buonissima». MBer

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