Notificata la fine dell’inchiesta per madre e figlia scomparse

Giallo di Gradoli. Dopo sette mesi di lavoro, depositati gli atti di conclusione dell’inchiesta che ha sconvolto il paesino in provincia di Viterbo. Come già si preventivava da giorni il pm Renzo Petroselli non ha ritenuto opportuno chiedere un supplemento d’indagine per ottenere ulteriori elementi in grado di inchiodare alle proprie responsabilità i presunti autori del duplice omicidio di due moldave, Tatiana Ceoban e la figlia Elena, 36 e 13 anni.
Gli assassini, secondo la Procura, sarebbero Paolo Esposito, 40 anni, compagno della donna, elettricista, e l’amante Ala Ceoban, 24 anni, nonché sorella di Tania e zia di Elena. Sarebbero stati loro, insieme, a uccidere la prima colpendola con violenza inaudita all’interno della villetta alle Cannicelle, come dimostrano le 17 macchie di sangue rilevate dal Ris in cucina e analizzate dall’antropologa molecolare fiorentina, la dottoressa Elena Pilli, per poi nascondere i cadaveri in un luogo mai scoperto. Un massacro compiuto in concorso nonostante Ala si sia fatta sfuggire, durante l’arresto, una frase che suonerebbe come una confessione se solo l’avesse confermata davanti al pm: «Quando sono arrivata a casa Tatiana era già morta. Elena non c’era».
Un mistero nel mistero: che fine avrebbe fatto la minorenne, visto che nelle macchie in casa non è stata trovata traccia del suo Dna? I presunti colpevoli, dal canto loro, pur ammettendo la loro relazione e il fatto che si trovavano insieme sabato 30 maggio, giorno della scomparsa delle due, e la domenica successiva, quando Paolo la riporta a Santa Fiora, Grosseto, negano di essere gli assassini. Dichiarazioni piene zeppe di menzogne e contraddizioni le loro, più volte contestate, prove alla mano, dagli inquirenti. Come la loro presenza nel paesino sul lago di Bolsena, negata fino all’evidenza, ovvero fino a quando vengono messi agli atti i tabulati, le intercettazioni e le tracce di un paio di telefoni cellulari intestati a prestanome che dimostrano ogni loro movimento. Bugie dettate dall’esigenza di nascondere il loro rapporto, soprattutto nei confronti della figlia più piccola di Paolo e Tania, Erika, 5 anni, secondo i loro difensori comunque contrariati da una linea di condotta tutt’altro che trasparente anche nei loro confronti.
Insomma, a quasi otto mesi da una «sparizione» anomala per la Procura è arrivato il momento di lasciar parlare il giudice per l’udienza preliminare Salvatore Fanti, che dovrà decidere sull'eventuale rinvio a giudizio.

Un atto, a questo punto, dovuto viste le prove a carico degli indagati. Nel frattempo i loro legali, Mario Rosati e Enrico Valentini, avrebbero intenzione di chiedere al gup ulteriori accertamenti di laboratorio sulle tracce di sangue positive.
yuri9206@libero.it

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