Novak re di Melbourne: il primo trionfo di un serbo è nato in pizzeria

Gli Australian Open 2008 li ha vinti «Nole» il giocatore di tennis serbo che il mondo conosce sotto il nome di Novak Djokovic. A soli vent’anni ha conquistato il suo primo titolo in un torneo del Grande slam, ripetendo gli exploit di altri due giovanissimi del passato che prima di lui avevano messo a segno la stessa impresa a Melbourne: Mats Wilander e Stefan Edberg.
Quella di Djokovic è una vittoria annunciata, le carte per vincere le aveva in tasca prima dell’inizio del torneo: quattro semifinali consecutive nel Grande slam e la finale di Flushing Meadows persa lo scorso anno contro Federer contro il quale si è vendicato in Australia. Ieri poi ha conquistato il match più importante della sua carriera battendo il francese Tsonga per 4-6,6-4,6-3,7-6 e diventando il primo serbo a mettere a segno un risultato così straordinario.
Nato a Belgrado il 22 maggio del 1987 Djokovic cominciò a giocare a tennis a soli quattro anni. Figlio di Sdrjan e di Dijana il ragazzo è cresciuto tra la Pizzeria e il Ristorante di pancake che i suoi genitori hanno gestito per 15 anni in montagna. Suo padre era un buon giocatore di calcio mentre suo zio e sua zia erano sciatori professionisti, quindi tutta gente dalla mentalità sportiva. Nonostante le insistenze del padre, che voleva avviarlo al calcio, Nole ancora piccolissimo si innamorò del tennis e volle a tutti costi provare a diventare un campione. Il suo idolo era Sampras e quando l’americano giocava nessuno riusciva a staccarlo dalla televisione. La Serbia tennisticamente non è la Francia quindi furono tanti i sacrifici: suoi e dei genitori. «A 12 anni mi mandarono nell’Accademia di Nicki Pilic, dove feci i primi passi - ha spiegato - e per questo li ringrazio ancora». Poi ha concluso: «La ricompensa è stata grande!» Questa per sommi capi è la storia di un ragazzino che a tutti i costi voleva diventare forte a tennis e ce l’ha fatta. Se poi vogliamo aggiungere che si tratta di un tipo intelligente che parla perfettamente inglese, francese, italiano, che si diverte a imitare i campioni del circuito fino a farli arrabbiare come è accaduto con la Sharapova, il profilo è tracciato.
A questo punto vorrei fare un ultima considerazione: Pilic, per me e per Pietrangeli, è un amico di vecchia data. In Coppa Davis lui e Boro Iovanovic giocavano per quella che un tempo si chiamava Jugoslavia, una terra che ha dato i natali a Mitic, Pallada, Branovic, Franulovic, Goran Ivanisevic. Oggi la Serbia (che è un pezzo di quella Jugoslavia) ha due stupende tenniste in Ana Ivanovic e Elena Jankovic, prima di loro, se non avesse scelto di diventare americana, ci sarebbe stata Monica Seles. In quel piccolo lembo di terra tormentata sono nati atleti pieni di voglia di vincere.

Djokovic è uno di questi: lui e Tsonga sono due nuove stelle di uno sport che ha confermato la sua crudeltà dimostrando che nessuno è indispensabile. Chissà dov’era ieri Federer mentre due controfigure giocavano la sua finale, mi sono domandata.

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