Dopo nove anni e tre depuratori Comune condannato: "Inquina"

Per il tribunale gli scarichi urbani avrebbero contaminato Po e Lambro. Ma i nuovi sistemi di filtraggio delle acque funzionano già dal 2005

Quarant’anni di acque lerce ce li lasciamo alle spalle. E la facciamo pagare dopo averci messo una pezza. Alla fine, la giustizia arriva. Inesorabile e sgangherata nella mira. Perché condanna il Comune per danno ambientale, ritenendolo responsabile dell’inquinamento del Lambro e del Po. Ma a pagare saranno gli amministratori di oggi, dopo che tre depuratori sono stati realizzati. Persino Legambiente preferisce il basso profilo. «Sentenza tardiva, ma simbolica».
Per il tribunale, dunque, Palazzo Marino ha «realizzato con un ritardo di oltre sei anni il sistema di depurazione delle acque reflue urbane». La causa civile era stata avviata con la messa in mora del Comune nel 2001 da Legambiente, Provincia di Lodi, Provincia di Rovigo, Parco Regionale Veneto del Delta del Po, e da dieci comuni delle province di Milano, Lodi, Pavia e Rovigo. Le 13 pagine di motivazioni della sentenza, spiegano che «con decorrenza dal 15 marzo 2005, il Comune di Milano» si è «dotato di un sistema di trattamento delle acque reflue urbane» e «certamente lo ha fatto con ritardo rispetto al limite temporale del 31.12.98, fissato dalla direttiva Cee 91/271». Tale ritardo, secondo il giudice, ha fatto in modo che le «acque reflue di Milano, che registra scarichi provenienti da circa 2.700.000 abitanti» si siano «riversate nel fiume Lambro e successivamente nel Po senza essere state sottoposte ad alcun trattamento». E, dunque, «all’inquinamento del fiume Lambro hanno contribuito, in misura importante, gli scarichi non trattati provenienti dal Comune di Milano (...) Lo stesso discorso - conclude il giudice - vale per l’inquinamento del fiume Po». Insomma: di depuratori si parla fin dagli anni ’60. Una vita di ritardi che ora si scarica sulla Moratti.
Legambiente parla di una vittoria «simbolica». La sentenza «è la conclusione di un’iniziativa che giunge oggi al suo epilogo quando ormai Milano ha, per fortuna, realizzato ed attivato i suoi 3 depuratori, depurando tutte le sua acqua dal 2006». Seppur tardiva, aggiunge l’associazione ambientalista, «è di grande rilevanza generale, perché stabilisce alcuni principi fondamentali: si riconosce per la prima volta in Italia la responsabilità di una amministrazione pubblica in un danno arrecato all’ambiente a causa di inadempienze o ritardi nella depurazione o nel risanamento di un inquinamento, e riafferma il diritto, oltre che di altri enti pubblici, di una associazione ambientalista riconosciuta ad intervenire in giudizio per danno ambientale, in difesa di interessi generali».
Quanto al risarcimento, è ancora presto per parlarne. «Ci siamo accontentati di una vittoria di principio - spiegano Andrea Poggio e Damiano Di Simine, rispettivamente vicedirettore nazionale e presidente lombardo di Legambiente - perché confidiamo nel fatto che la sentenza sia monito per tutti gli enti responsabili della salute del fiume Lambro, così come degli altri fiumi lombardi, per avviare concrete azioni di depurazione e risanamento dei fiumi e del loro ambiente circostante».

Quindi, «ci rivolgeremo a tutti gli Enti che ci hanno accompagnato sinora per decidere azioni comuni, attraverso il convinto avvio del “Contratto di fiume” per il risanamento del Lambro, ma anche per aumentare il livello di tutela, attraverso l’istituzione di parchi fluviali lungo il medio e basso corso del fiume». Un progetto, questo, «può avviarsi con l’entrata del comune di Milano nel Parco della Media Valle del Lambro, ed estendersi al tratto lodigiano».

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